02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

“Troppi ostacoli per l’agroalimentare” ... Parlano gli esportatori italiani. Per alcuni prodotti made in Italy permangono divieti e complessi adempimenti normativi ... Coro di consensi delle aziende italiane all’annuncio dei negoziati per una maxi area di libero scambio tra Stati Uniti e Unione europea “Sono troppi i vincoli tecnici e amministrativi per accedere al mercato più grande del mondo - osserva Claudio Gemme, presidente di Anie, l’associazione delle industrie elettriche ed elettroniche -. In realtà sono barriere commerciali vere e proprie, inaccettabili per due aree che fanno del libero mercato un valore fondamentale”. Sulla stessa lunghezza d’onda Antonio Gozzi, presidente di Federacciai: “L’acciaio non è un terreno di scontro commerciale tra le due sponde dell’Atlantico. I problemi più acuti sono tra Usa e Cina Ma tutto ciò che va nella direzione della cooperazione tra Stati Uniti ed Europa va benissimo”. Anche nel settore delle macchine utensili e dei robot i dazi impattano in misura modesta: per il 10% dell’export. Ma Ucimu, l’associazione dei costruttori italiani, sottolinea la pesantezza dei documenti tecnici di accompagnamento che si spera possano cadere grazie all’accordo inter-atlantico. “E sperando - conclude Ucimu - che l’accordo Usa-Ue apra le porte all’area Nafta”. Più intenso e complicato il rapporto nell’agroalimentare, dove il made in Italy nel 2012 ha registrato un avanzo commerciale monstre: circa 2,5 miliardi di euro tra carni, ortofrutta, vino e oli. “Le barriere - sostiene Daniele Rossi, direttore generale di Federalimentare - sono sia di tipo tariffario che non tariffario. E queste ultime comprendono anche le misure sanitarie e fitosanitarie. In realtà negli ultimi anni il contenzioso si è ridotto ma c’è ancora molto da fare”. Per esempio nel settore della pasta vigono negli Usa alcune norme antidumping, che sostanzialmente prevedono dazi compensativi per le aziende italiane importatrici che vanno da un minimo dello 0,39% fino a un massimo del 5,11%. Poi c’è il grande capitolo della tutela delle Indicazioni geografiche e dei nomi semi-generici che identificano i prodotti italiani: questo capitolo però compete alla Commissione europea, titolare del negoziato con gli Usa in ambito Omc e transatlantico (negoziati Ue Usa sul commercio del vino). Numerose sono poi le barriere di carattere sanitario e fitosanitario per i prodotti agroalimentari: colpiti formaggi freschi, ortofrutta e insaccati. In particolare per i prodotti animali è in vigore il divieto d’importazione di carne bovina motivato dai pericoli della mucca pazza Per quanto riguarda i prodotti a base di carne suina (tipo salami, coppe, pancette) rimane il divieto all’esportazione di prodotti ottenuti da carni suine italiane e stagionate per meno di 400 giorni. Molto esteso il contenzioso anche nelle apparecchiature elettroniche che alle frontiere americane pagano subito un dazio medio del 3,5%. “Negli Usa - spiega Gemme - c’è un ente certificatore, l’Ul, l’unica porta d’accesso al mercato che è molto più stretta di quella europea che rilascia il marchio Ce. L’Ul è appesantito da adempimenti amministrativi e finanziari eccessivi il cui fine è quello di frenare i player stranieri”. E Gemme ammette che l’Anie, attraverso Orgalime, l’associazione europea di riferimento del settore, ha invitato la Commissione Ue a farsi portavoce, negli accordi bilateri di con gli Stati Uniti, della insofferenza dell’industria europea penalizzata dalle procedure di certificazione.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su