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Il Sole 24 Ore

Il vino italiano punta sui Bric ... Nel 2013 prevista una crescita dell’export del 10% - Le potenziali dell’Asia ... Decollano i Paesi Bric anche per il vino italiano. L’anno scorso l’export italiano ha raggiunto i 210 milioni, fatturato principalmente trainato da Russia (100 milioni), Cina (77) e Brasile (30,5). Ancora marginale il peso dell’India. Quest’anno gli analisti stimano per il nostro export nei Bric una crescita intorno al 10%, sempre che non ci siano inasprimenti dei dazi o cambi di regole in corsa. “Com’è successo l’anno scorso - commenta Lamberto Frescobaldi, vice presidente della cantina Marchese de’ Frescobaldi - e come si è ripetuto perben4volte negli ultimi 7 anni. Nell’ultima sono repentinamente cambiate le norme sulle fascette di Stato allegate a ciascuna bottiglia divino importata: con queste le autorità sorvegliano che gli obblighi fiscali siano assolti. Tuttavia questo brusco cambio di regole del 2012 ha prodotto un arretramento dell’export italiano del 15%. Mari- tengo che sia solo una battuta d’arresto: la Russia è un mercato molto interessante con un potenziale di crescita intatto”. “Ma non ci sono solo i dazi in Russia - aggiunge Sergio Dagnino, dg di Caviro - Ci sono anche una serie di barriere non tariffarie che di fatto ci mettono i bastoni tra le ruote. Detto questo ci crediamo moltissimo e già oggi esportiamo 4 milioni di bottiglie servendoci di due distributori locali”. Oggi il vino tricolore diretto in Russia paga un dazio del 20% e complessivamente gli esportatori nel 2012 hanno pagato 41,2 milioni. L’Italia è il primo esportatore, a volume, in Russia con circa i,i milioni di ettolitri. Diverso il discorso sul mercato cinese, indiscutibilmente più dinamico. Negli ultimi dieci anni l’import cinese divino, nonostante un dazio del 15%, è balzato da zero a1,5 miliardi. “Attenzione però a non farsi male - frena Dagnino-. Comprendo la necessità di focalizzarsi sull’export per sottrarsi all’affollamento competitivo in Europa e alla debolezza del mercato italiano, ma in Cina, per esempio, non bisogna farsi incantare dalle sirene di importatori e distributori cinesi improvvisati Alla francese Castel Freres hanno sottratto il marchio, in altri casi hanno promesso mari e monti salvo per poi dileguarsi”. Che fare? “È necessario - aggiunge il top manager - creare una struttura stabile in loco, anche di tipo associativo, e selezionare attentamente i distributori. Noi abbiamo anche un manager italiano che controlla l’attività giornalmente”. Le stesse indicazioni sono emerse ieri nel corso del convegno di Vinitaly promosso dallo studio Mercanti Dormo. Secondo gli avvocati il potenziale di crescita della Cina non deve far dimenticare la cautela nella scelta del partner e nella conclusione dei contratti di distribuzione: vanno specificate con cura le clausole relative alla proprietà intellettuale e indicata la legge applicabile, e, in caso di contratto atipico, stipulare dei patti contrattuali. Altrettanto complesso il mercato brasiliano, il più “leggero” dei Bric. “I consumatori chiedono prodotti molto particolari- osserva Dagnino - e le barriere sono davvero vessatorie”. “In Brasile - aggiunge Rolando Chiossi, vice presidente del gruppo cooperativo Giv - al dazio del 27% vanno sommate varie imposte, tra cui anche quella di circolazione che fanno sì che il prezzo finale di una bottiglia di Lambrusco che arriva alla frontiera a 1,5 euro si acquista al dettaglio a un prezzo compreso tra i e 18 euro”. Lo straordinario ricarico viene confermato da Frescobaldi. “Sul Brasile ci puntiamo - sostiene l’imprenditore - ma ci rendiamo conto del trattamento che ricevono gli importatori: merci giacenti per mesi prima dello sdoganamento e oneri e balzelli di svariata natura che arrivano fino a 35 dollari per bottiglia contro i 15 pagati negli Usa”.


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