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Il Sole 24 Ore

Segnali di distensione per il dossier-vino ... Disponibili ad un tavolo tra produttori cinesi ed europei per un accordo commerciale ... Sospiro di sollievo delle 1.300 aziende vinicole italiane dopo l’accordo fra Ue e Cina sui pannelli solari. Sono infatti 1.300 i produttori (su 1.500 esportatori nel 2012) che si sono registrati presso il ministero dello Sviluppo economico ai fini dell’indagine antidumping e antisussidi promossa da Pechino. “L’intesa Ue-Cina non chiude l’indagine antidumping sul vino - osserva Domenico Zonin, presidente dell’Unione italiana vini - Governo e Commissione europea devono ancora lavorare per farla archiviare realmente. Ora la Cina ha guadagnato un punto, la prossima mano deve premiare gli europei”. Il governo cinese però è alla finestra: l’unica apertura che potrebbe concedere è la disponibilità a favorire il dialogo diretto fra i produttori di vino europei e quelli cinesi per raggiungere un accordo economico di tipo generale. La Commissione sembrerebbe favorevole all’apertura del tavolo e all’accordo tra produttori e per questo starebbe consultando anche l’associazione europea. E quest’ultima ieri avrebbe tenuto una conference call con le rappresentanze nazionali. “La risposta di 1.300 produttori italiani - valuta il presidente della Uiv- è importante. Dà la misura della risposta italiana. I 200 operatori che non si sono registrati evidentemente esportano solo pochi cartoni divino”. Ma non si tratta solo del vino. “E aperto anche il dossier sulla chimica - aggiunge Zonin - che coinvolge pesantemente i tedeschi. Inutile dire che il rapporto di valore tra chimica e vino è di cento a uno”. Sulla stessa lunghezza d’onda Sandro Boscaini, patron di Masi Agricola: “L’accusa alla Ue di sovvenzionare l’export di vino - sostiene mister Amarone - è manifestamente infondata. I fondi 0cm vino sono diretti a finanziare le promozionali all’estero e non l’export fisico di vino o i prezzi praticati sugli scaffali cinesi. Credo che i cinesi andranno avanti nella loro indagine, infatti hanno già detto che non si tratta di una ritorsione ma della sentenza di un tribunale cinese che ha accolto il ricorso depositato da un’associazione di produttori locali. Forse però interrompere subito la procedura avrebbe confermato la ritorsione mentre se la chiudessero tra un po’ di tempo si salverebbe la forma. Spero che la vicenda si chiuda presto”. La Masi agricola è “stata fin dal primissimo momento sul mercato cinese - ricorda Boscaini -. È un lavoro lungo ma quello che è mancato all’Italia è stata una promozione istituzionale di spessore. Solo l’Enoteca di Siena svolge un lavoro capillare, ma possiamo ancora recuperare e convincere i consumatori cinesi che il vino non è solo francese”.
“Si è fatto un passo avanti - interviene Giovanni Geddes de Filicaja, ceo di Frescobaldi - ma non va abbassata la guardia. Oggi per noi il mercato cinese significa poco, meno di un milione di fatturato, ma questo perché francesi, australiani e persino cileni sono stati più aggressivi di noi. I fondi 0cm sono serviti ma bisogna fare squadra”.

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