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Il Sole 24 Ore

Il maltempo “dimezza” l’Amarone ... È l’Amarone la prima “vittima
” della vendemmia 2014,
un’annata con una produzione
in calo del 13% ma che tra clima
estivo troppo mite e abbondanza
di piogge vede a forte rischio anche
la qualità delle uve. Difficoltà
che hanno spinto nei giorni
scorsi il Consorzio di tutela della
Valpolicella a chiedere la riduzione
della percentuale di uve da
destinare all’appassimento dal
50 al 35°% (era il 65% o lo scorso anno).
La decisione porterà a una riduzione
della produzione di circa
un terzo: scompariranno tra i
5 e i 6 milioni di bottiglie su una
media produttiva di 15.
“Le condizioni meteo non sono
state favorevoli - dice il direttore
del Consorzio della Valpolicella,
Olga Bussinello - con tantissima
pioggia e poco sole. La
vendemmia non comincerà prima
del 23 settembre e la nostra ci
è sembrata una scelta obbligata”
Un’opzione che però non ha
mancato di provocare polemiche
fra chi la ritiene troppo rigida
e chi invece ha del tutto rinunciato
a produrre Amarone 2014.
“Si tratta di una soluzione troppo
drastica - aggiunge il direttore
della Cantina sociale di Negrar,
Daniele Accordini - che rischia
di penalizzare chi, in particolare
nelle aree di collina, lavorando
in vigna e in cantina riuscirà
comunque a ottenere uve di
buona qualità. Bisogna ora evitare
che tale scelta inneschi un rialzo
delle quotazioni che finirebbe
per penalizzare tutti”.
Di diverso avviso alcune
aziende come la griffe Romano
Dal Forno, Ugolini o ancora
Bertani che hanno del tutto sospeso
la produzione 2014 di
Amarone. “Rinunciare a 8omila
bottiglie di Amarone Classico
commercializzate a un prezzo
di 50 euro l’una - spiega l’ad
di Bertani Domains, Emilio Pedron
- significa voltare le spalle
a 3-4 milioni di euro di fatturato.
Ma riteniamo che ostinarsi a
produrre un vino non all’altezza
finirebbe per avere effetti deleteri
sulla nostra etichetta”.
“L’Amarone - spiega il presidente
di Masi e di Federvini, Sandro
Boscaini - non è vittima solo
del cattivo tempo ma di una
politica miope che in questi anni
ha spinto a una sovrapproduzione
che ora si fa fatica a gestire.
Sotto questo profilo lo stop
del 2014 giunge quasi come un
toccasana e rappresenta un’occasione
per ripensare una strategia
della qualità del nostro vino
arrivando a una chiara differenziazione
fra i vigneti di collina e
quelli di pianura”.

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