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Il Sole 24 Ore

Eataly, obiettivo un miliardo di euro ... Obiettivo un miliardo di euro di fatturato. Eataly la catena dell’eccellenza alimentare del Made in Italy ha un target e una data il 2017. Nel frattempo prepara lo sbarco in Borsa, ma prima bisogna consolidare il gruppo che quest’anno punta a un fatturato attorno ai 400 milioni di euro, accelerare le aperture dei negozi (l’ultimo a Piacenza i prossimi San Paolo del Brasile, Mosca e New York2 al World Trade Center) e portare le vendite all’estero al 70% del fatturato, quasi raddoppiarle dall’attuale 40%. In mezzo ci sono l’Expo a Milano dove Eataly curerà la ristorazione con 20 ristoranti uno per ogni regione e 120 chef, e l’apertura di Fico il parco alimentare che sorgerà alle porte di Bologna. Oscar Farinetti fondatore e presidente di Eataly sta partendo per New York dove martedì 4ottobre, il giorno dopo la quotazione di Fca a Wall Street, lancerà insieme al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il commissario per l’Expo Giuseppe Sala e il sindaco di New York, Bill De Blasio la vendita dei biglietti per l’Expo. La cornice sarà la sede di Eataly sulla Quinta Strada, allestita per l’occasione con le guglie e gli affreschi del Duomo di Milano fatti arrivare appositamente dal capoluogo lombardo. Poi il giorno successivo sarà ospite a Wall Street per raccontare a trader e broker il case history di Eataly divenuto il terzo monumento più visitato di NewYork.

Farinetti, scusi, non è che sta pensando di quotarsi a Wall Steet?

Assolutamente no e poi noi ci chiamiamo Eataly, come potrei? L’idea della quotazione me l’ha data Andrea Guerra ex Ceo di Luxottica, mi ha convinto che Eataly dovesse diventare una società pubblica. A metterla in pratica ci sta pensando Giovanni Tamburi che lo scorso marzo ne ha rilevato il 20 per cento. La maggioranza resta nelle mani della famiglia con il 60% e il restante 20% è di Luca Baffigo Filangeri, uno degli amministratori insieme ai miei figli Francesco e Nicola. Le Coop, invece, hanno il 40% di Eataly Distribuzione dove confluiscono tutti i negozi. Io mi sono ritagliato la carica di presidente.

Anche lei si mette nelle mani della finanza?

Guardi sto pensando a come premiare chi sceglierà Eataly per impiegare i propri risparmi. Nel senso che gli azionisti della società dovranno godere di una serie di privilegi, di benefici economici importanti per avere avuto il coraggio di scommettere su di noi, ci sto pensando per ché vogliamo fare qualcosa di nuovo anche qui

Eataly è nata e cresciuta in piena crisi finanziaria. Un successo in controtendenza tra lusso e low cost...

Il primo store è stato aperto nel 2007 a Torino e siamo cresciuti proprio in questi anni difficili: oggi in giro per il mondo ci sono 27 Eataly, la maggior parte di proprietà, altre in franchising e joint venture, dall’Europa agli Usa, dal Giappone agli Emirati, alla Turchia Eataly non è solo una catena di distribuzione: trasportiamo le eccellenze del Made in Italy in un momento in cui i consumatori stanno maturando la coscienza dell’importanza di sapere che cosa si mangia Specialmente all’estero: l’Italia esporta nel settore agroalimentare circa 33 miliardi di euro, ma la Francia e perfino la Germania fanno molto meglio di noi. C’è ancora spazio per crescere, ma bisogna fare sistema anche in questo settore.

Intanto Eataly è diventata una macchina da soldi. Come pensate di mantenere questo ritmo di crescita?

il ritmo delle nuove aperture è intenso, a volte dobbiamo fare i conti con ritardi burocratici, ma soltanto Eataly di New York fattura 80 milioni di dollari con 800 dipendenti (dipendenti totali 1870, ndr), è il terzo monumento più visitato. Per la nuova sede che andrà ad occupare parte dei mila metri quadrati dell’area commerciale del World Trade Center abbiamo avuto forti incentivi dagli investitori locali. Le prossime aperture saranno Mosca, San Paolo, Seul in franchising con la Hyundai. Non tutti gli immobili sono di proprietà, non sarebbe possibile. In alcune zone del mondo prevale il franchising, in Europa sono state firmate joint venture a Londra con Seifridges e a Parigi con La Fayette.

E per il futuro c’è qualche altro progetto?

Ogni dieci anni mi riprometto di cambiare, quindi sì ho già un progetto nel cassetto. Abbiamo il logo e il primo store aprirà a Torino a fianco a Eataly. L’ho chiamato progetto Green Pea e vogliamo puntare sulla sostenibilità: trasferire il senso del dovere a quello del piacere, di più non posso dire, se non che è un progetto molto legato a Eataly. Senza Eataly non potrebbe esistere.

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