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Il Sole 24 Ore

Il Prosecco guida la carica delle bollicine ... La grande corsa degli spumanti made in Italy. Se l’export di vino italiano, complice anche il calo della produzione interna, nel 2014 ha subìto una battuta d’arresto (fermandosi a un modesto +0,8% in quantità) continuano invece a inanellare successi le vendite all’estero degli spumanti. L’export di bollicine made in Italy anche nel 2014 ha infatti messo a segno un progresso del 14,2% in valore e addirittura del 18,2% in quantità. Un risultato di grande impatto e che nonostante il segmento delle bollicine rappresenti appena l’11% del totale export di vino made in Italy, tuttavia, porta la crescita delle vendite all’estero di spumanti italiani nel periodo 2004-14 a un +241 per cento.
Una performance eclatante che dopo anni di apparente indifferenza non ha potuto non incuriosire i competitor storici: i francesi. I produttori di Champagne proprio nei giorni scorsi hanno commissionato un’analisi sulla filiera vitivinicola italiana con particolare riferimento al segmento degli spumanti a Wine Monitor, l’Osservatorio specializzato sul settore vino dell’Istituto di ricerche Nomisma. “Dalle nostre indagini - spiega il responsabile di Wine Monitor e• del settore alimentare di Nomisma, Denis Pantini - è emerso che negli ultimi dieci anni il consumo mondiale di bollicine è cresciuto di oltre il 30%. E una fetta rilevante di questo incremento è stato intercettato proprio dall’Italia. Certo lo Champagne francese continua a vantare un prezzo medio di vendita all’estero di circa 14,6 euro a bottiglia contro i 4,1 degli spumanti italiani. Ma il made in Italy vanta quote di mercato ormai rilevanti in Usa (26%), Svizzera (28%), Germania e Regno Unito (entrambe con il 21%)per non parlare del quasi monopolio sul mercato russo (dove parlano italiano ben il 63% degli spumanti venduti)”.
E questa inarrestabile escalation delle bollicine italiane ha un nome su tutti: Prosecco. Lo spumante del Nord Est (può essere prodotto dal Veneto fino al paese di Prosecco in provincia di Trieste) ha ormai raggiunto un volume di produzione di circa 330 milioni di bottiglie (fra le diverse etichette Doc e Docg) che stanno letteralmente invadendo i mercati con un livello di rapporto qualità/prezzo che non può non mettere paura anche a chi come i francesi fino a pochi anni fasi riteneva inattaccabile.
Il Prosecco. dal 2009 a oggi (l’anno della riorganizzazione dell’intera denominazione con la creazione delle Docg di Conegliano Valdobbiadene e Asolo e il passaggio a Doc di tutta la produzione in precedenza etichettata solo come Igt) ha messo a segno progressi significativi. Secondo un’analisi effettuata dalla griffe del Prosecco, la Carpené Malvolti (fra l’altro fra i principali promotori proprio della riorganizzazione realizzata nel 2009), gli ettari piantati a Glera (il vitigno del Prosecco) sono passati da 6.100 a 6.578 (+8%). “Il numero di aziende spiega il direttore generale di Carpené Malvolti, Domenico Scimone - è cresciuto del 7,4%, gli occupati del 17%, il tutto per una produzione aumentata del 19% in volume e del 20% in valore. Sul fronte del mercato il Prosecco ha rafforzato la propria posizione in tutti i principali mercati. Risultati di grande rilievo se consideriamo che sono stati realizzati in anni molto difficili sotto il profilo economico tanto in Italia quanto all’estero”. Se il Prosecco è indiscutibilmente il vero e proprio fenomeno in grado di trainare l’intero segmento delle bollicine made in Italy, e se Trento Doc e Francia- corta Docg valgono rispettivamente 8 e 16 milioni di bottiglie (con una propensione all’estero ancora sottodimensionata), l’altro prodotto chiave è l’Asti che (fra Moscato e Asti Docg) ne mette in campo circa 97milioni. “Siamo in una fase di transizione
- spiega il direttore dell’Asti Docg, Giorgio Bosticco -. Nel senso che mentre continua la “febbre” da spumanti dolci negli Usa, abbiamo registrato nel 2014 una frenata nel nostro primo mercato, la Germania, e uno stop delle spedizioni in Russia.
Una battuta d’arresto cui però non corrisponde un calo dei consumi visto che nella Gdo russa le vendite di Asti sono cresciute del 10% svuotando così i magazzini degli importatori. Tuttavia non siamo preoccupati. Perché riteniamo di avere ancora grandi margini di crescita negli Usa ed enormi potenzialità nel Sud Est asiatico e in Cina dove stiamo riscontrando un crescente successo”.

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