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Il Sole 24 Ore

Nodo risorse per spingere il vino all’estero. Nomisma: dal 2000 consumi nella Ue giù del 6% mentre fuori dall’Europa la crescita è del 25% ... L’export divino italiano cresce ma solo negli Stati Uniti, nei Paesi emergenti e in Asia mentre è stagnante in Europa
Nel 2014 l’export italiano è cresciuto di appena l’1,4% a 5,11 miliardi (hanno pesato la crisi russa e lo scivolone della Germania) ma il trend nei Paesi terzi è stato del +2,4% contro +0,5% del mercato Ue-28. “Una crescita, quella nei Paesi terzi, di quasi cinque volte superiore rispetto alle vendite nell’Ue - osserva Silvana Ballotta, ceo di Business strategies - cui hanno contribuito in maniera decisiva le azioni di Ocm Promozione”.
I dati sono emersi ieri a Vinitaly (a Verona fino al 25 marzo) nel corso del convegno promosso dal ministero delle Politiche agricole e da Business strategies dal titolo “Obiettivo export a 50 miliardi di Euro: quali strade per la promozione?”. Per il vino il governo Renzi si è dato l’obiettivo di spingere l’export a7,5 miliardi entro il 2020 e già quest’anno il ministro Maurizio Martina stima 5,5 miliardi (+9%).
Per il responsabile area agroalimentare di Nomisma, Denis Pantini, “assistiamo a una sorta di migrazione dei consumi di vino: dal 2000 a oggi i consumi nell’Ue sono calati del 6% mentre negli altri Paesi sono cresciuti del 25%. E ancora, negli ultimi dieci anni in Europa l’import in valore è cresciuto con un tasso medio annuo del 3%, mentre nei mercati terzi ha viaggiato su ritmi vicini all’8%, e del 10,7% in Russia”. Ma un altro dato che dimostra la strategicità di questi mercati “è il prezzo medio al litro, 3,75 euro al litro - sottolinea Pantini -, quasi doppio di quello dei mercati terzi, 1,91 euro”.
Per il periodo 2014-2018, l’Ocm vino italiano prevede fondi per 337 milioni: di questi,il36% è dedicato alla promozione del vino italiano nei paesi terzi. Il problema è come spenderli e assicurarsi che tutte le risorse a disposizione vengano utilizzate. Negli ultimi anni è cresciuta la polemica sulla ripartizione dei fondi: il 70% viene gestito dalle regioni, 1130% dallo Stato. Le risorse statali sono insufficienti, i progetti sono sempre in overbooking, mentre capita spesso che le regioni si ritrovino con fondi inutilizzati che vengono “girati” su altre azioni a favore delle aziende vinicole. Il confronto in conferenza Stato-Regioni era giunto a uno stallo di fronte al rifiuto delle Regioni cli rivedere i criteri di ripartizione. Proprio oggi la situazione potrebbe sbloccarsi: Luca Bianchi, capo dipartimento Politiche competitive al Mipaaf, ha infatti annunciato durante il convegno di Business Strategies, un incontro che potrebbe essere risolutivo. Il governo rinuncia a modificare gli assetti ma chiede alle regioni di accettare criteri condivisi e omogenei sui bandi alle imprese. Inoltre potrebbero passare sotto la loro competenza (e le loro risorse) i cosiddetti progetti multiregionali che attualmente ricadono sulla quota statale per un valore di circa io milioni di euro.
Bianchi ha anche illustrato le strategie del governo a favore del made in Italy agroalimentare (vino compreso). “Stiamo predisponendo quello che sarà il più grande piano di internazionalizzazione del made in Italy e al centro c’è l’agroalimentare a cui sarà destinato circa il 50% dei 250 milioni disponibili - spiega -. Tra le azioni previste ci sarà una campagna straordinaria di promozione, quest’anno concentrata su Canada e Stati Uniti per raccontare il nostro patrimonio di biodiversità e qualità e contrastare l’Italian sounding. D’altro lato stiamo finalizzando una serie di accordi con la grande distribuzione per creare piattaforme logistiche integrate e favorire un dialogo diretto con i grandi player stranieri”.

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