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Il Sole 24 Ore

Usa volàno di Santa Margherita … Bilanci. Il giro d’affari del gruppo veneto salito a quota 157 milioni (+33%)... Crescita boom per Santa Margherita. Il gruppo vitivinicolo che fa capo alla famiglia Marzotto ha chiuso il 2016 con una crescita del giro d’affari passato dai 118 milioni di euro del 2015 ai 157 dello scorso anno. Una performance che equivale a un balzo del 33 per cento. Numeri che saranno approvatici dal Cda del prossimo 14 marzo. L’exploit è trainato dal mercato Usa dove il primo anno di operatività della nuova società di distribuzione Santa Margherita Usa è coinciso con un balzo delle vendite e dei margini Oltreoceano. Ma non solo. Molto positivi i numeri di tutti brand del portafoglio Santa Margherita: dalle due etichette principali Pinot grigio e Prosecco, alla Franciacorta con Ca’ del Bosco, ai vini dell’Alto Adige, fino a i grandi rossi toscani per un totale di 19 milioni di bottiglie. Tutti elementi dai quali oltre alla grande performance fuori dei confini nazionali scaturisce anche un sorprendente +7,9% registrato dalle vendite in Italia. “L’investimento Usa ha dato subito un importante ritorno che forse neanche noi ci attendavamo in queste dimensioni - spiega l’ ad di Santa Margherita, Ettore Nicoletto -. Di fatto avere una propria società distributiva negli Stati Uniti con 62 dipendenti attivi sul campo, consente di presidiare direttamente la fase commerciale. Aspetto chiave in un mercato fortemente regolamentato come quello Usa dove il vino prima di arrivare al consumatore finale effettua 4 o 5 passaggi tra importatore, distributore, retailer e ristoratore conta 4 o 5. Ridurre questa filiera ha consentito di incamerare margini e valore aggiunto portando a una crescita del fatturato Usa del 60%”. Ma molto positivi sono anche i dati del mercato interno innanzitutto grazie ai Prosecco “con una performance - dice ancora l’ad - che è stata del +10% per la Docg e +30% per la Doc. Ma molto bene è andata anche la Franciacorta visto il +15% di Ca’ del Bosco”. Per il futuro la strada è tracciata: investimenti sul marketing mix che già coprono circa il 10% del giro d’affari e probabili nuove acquisizioni. “Un gruppo che cresce in modo robusto - conclude Nicoletto - non può non pensare a rafforzare il proprio portafoglio con geografie e prodotti nuovi. Anzi è un obbligo farlo”.

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