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Il Sole 24 Ore

La vendemmia ai minimi accende i listini del vino … Stime. Per Ismea e Uiv calo del 26%... Una vendemmia difficile e in forte calo come quella 2017 non tarderà ad avere pesanti effetti al rialzo sui costi produttivi e quindi sui prezzi finali del vino penalizzando la competitività del made in Italy. È l’allarme lanciato dai produttori in occasione della presentazione delle stime sulla vendemmia 2017 realizzate da Ismea e Unione italiana vini. L’analisi ha confermato le notizie già circolate finora e che parlano di una campagna 2017 che in Italia a malapena arriverà a 40 milioni di ettolitri (-26% rispetto al 2016). “Una vendemmia - ha detto il presidente dell’Unione italiana vini, Ernesto Abbona - che è riuscita a limitare i danni solo in quelle zone nelle quali si fa una viticoltura professionale e dove la vite è e radicata”. Ma al di là dei numeri ormai acclarati a preoccupare i produttori sono i primi segnali di rialzo dei listini. “Nonostante le operazioni di raccolta siano ancora in una fase iniziale - ha spiegato il direttore generale di Ismea, Raffaele Borriello - il nostro indice dei prezzi ha già registrato un incremento medio del 2 per cento”. Un trend comune anche ad altri paesi. “In Spagna nell’area de La Castilla - La Mancha - ha spiegato, il segretario generale del Ceev (l’associazione delle industrie europee del vino), Ignazio Sanchez Recarte - dalla quale proviene una fetta rilevante del vino spagnolo commercializzato sfuso, i vini bianchi comuni sono quotati 4,55 euro al litro mentre quelli rossi 5,55. Un andamento che proseguirà visto che la domanda mondiale è in crescita e in Europa nel 2017 mancheranno all’appello tra i 25 e i 30 milioni di ettolitri”. Se per i produttori di uva i rincari potrebbero avere un positivo effetto sui redditi compensando, almeno in parte, le perdite quantitative, per le cantine invece il problema è come ammortizzare l’incremento dei costi produttivi. “Una vendemmia complessa come questa - ha spiegato l’ad di Castello Banfi, Enrico Viglierchio - sta imponendo un incremento dei costi di lavorazione sia in vigneto che in cantina, il tutto per ottenere prodotti che sul piano della qualità non saranno all’altezza delle migliori annate. Per cui sarà difficile trasferire semplicemente i costi a valle della filiera”. “Senza contare le difficoltà valutarie - ha aggiunto l’ad di Schenk Italian Wineries, Daniele Simoni - che complicano lo scenario competitivo. I vini italiani infatti dovranno scontare in mercati chiave come quello Usa o quello del Regno Unito l’effetto negativo di un euro forte, che limiterà ancora di più gli spazi di manovra”. “Non possiamo trasferire i rincari all’origine sul prezzo finale - ha aggiunto il direttore generale di Cavit, Enrico Zannoni - perché vanificherebbe il lavoro fatto negli anni per accreditare il vino italiano in bottiglia come un prodotto di qualità sganciato quindi dal concetto di commodity. Trasferire i costi a valle è una logica da prodotto indifferenziato”.

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