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Il Tempo

Nell’antica Pompei danno frutti i vigneti di duemila anni fa ... La vigna dell’oste Eusino, quella della Caupona del Gladiatore, della Casa della Fontana a Mosaico. Prosperano dove prosperosa era la città, prima di quel terribile 79 dopo Cristo. Pompei ha ritrovato dopo duemila anni i suoi tralci di vite, e proprio dentro il parco archeologico, una delle meraviglie più visitate del Bel Paese. Eccola la Pompei da rivedere ora per un motivo in più. Raccoglie i frutti di un progetto partito nel ’96, quando la Soprintendenza archeologica conferisce all’azienda Mastrobernardino, cantina con venticinque lustri di attività, l’incarico di ripristinare la viticoltura nella città sconvolta dalla lava del Vesuvio. Un modo non solo per ridare vita alla città sepolta, ma anche un esperimento. Con le stesse tecniche precedenti alla grande eruzione sono stati infatti impiantanti i vitigni Piedirosso e Sciascinoso, scelti sulla scorta di ritrovamenti archeologici, studi botanici, bibliografici e iconografici condotti anche sugli antichi affreschi pompeiani. Due anni fa il primo raccolto, la prima vinificazione e l’affinamento in legno. Ora invece il «rosso pompeiano» viene imbottigliato. Pochi esemplari che a fine aprile verranno venduti all’asta. I proventi della vendita «verranno reinvestiti per l’ampliamento del progetto», dicono Piero Mastrobernardino e il sovrintendente Guzzo. Ma a chi passeggia in questi giorni tra le case dell’antica Pompei un’ulteriore suggestione. Vedere i tralci già ingrossati per i getti dei grappoli, immaginare i Trimalcioni di turno sdraiati sui triclini a sorseggiare il vino mellito, il più amato dai Romani. «Da dove potremmo cominciare se non dalla vite, rispetto alla quale l’Italia ha una supremazia così incontestata da dar l’impressione di aver superato, con questa sola risorsa, le ricchezze di ogni altro paese, persino di quelli che producono profumo? Del resto, non c’è al mondo delizia maggiore del profumo della vite in fiore». Parola dello scienziato latino Plinio il Vecchio, nella «Naturalis Historia».

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