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Il Tempo

Il made in Italy non si difende con bugie ed inganni ... Contraddizioni internazionali attorno alla tavola. Mentre 500 Vip di Hollywood si apprestano a festeggiare la notte degli Oscar con un buffet di cucina toscana, il «nostro» Romano Prodi dichiara di preferire, a Parigi, la cucina giapponese. Lo ha detto ai microfoni di Repubblica Radio, incalzato da Paolo Garimberti che ha chiosato con un: «Professore, da lei non me l'aspettavo». Vabbé, ma è un vero tormento essere politicamente corretti anche a tavola. Mica si può essere tutti dei D'Alema, che ingaggiò Vissani per Clinton, ospite di una cena a Palazzo Chigi, dove, di fronte alle leccornie del gigante buono, chiese di pasteggiare con Coca Cola. Qualche anno prima della svolta dalemiana, il Governo fu criticato perché aveva scelto un anonimo catering per le cene di rappresentanza. E forse anche qui, c'era l'inconsapevole zampino di Prodi, che fuori da tagliatelle e tortellini, non ha mai dato gran peso alla cucina di casa nostra. Berlusconi invece è pignolo e il suo astio per l'aglio (ricordate il bando del pesto al G8 di Genova?) ora rischia di fargli perdere la Liguria. All'estero, al contrario, vanno alla grande: pappa al pomodoro e vini italiani, con un debole per Sicilia e Toscana. E poi spumante Ferrari e pecorino, olio extravergine di oliva e pasta Barilla; consulenza by Arrigo Cipriani. Lo chiamano Made in Italy e ha la forza di un buffet per mille invitati, per gli Oscar proclamati a Los Angeles. C'è del magico in questa affermazione della Toscana, proprio quando si sta per santificare il successo di Sideways (che in Italia, però, comincia a deludere). Conviene quindi inchinarsi e tacere, di fronte a una critica sul Brunello di Montalcino. Del resto lo dicono anche i libri (La malinconia del critico di Sellerio): «La critica l'è morta, seppellita da un'attività frenetica di uffici stampa e stanche veline». Nei giorni scorsi a Montalcino si è tenuta la degustazione di 145 Brunello dell'annata 2000. Un'anteprima alla quale hanno partecipato un centinaio di giornalisti tra cui il sottoscritto che ha passato in rassegna, con l'aiuto di Roberto Formica, tutti i 145 campioni. Conclusioni? Un'annata modesta, con pochissimi Brunello da entusiasmo e nessuno da palmarès. E poi tante domande. Come faranno i produttori a mantenere i prezzi alti? Come è possibile che certi campioni in odore di legno abbiano superato l'esame della locale commissione di assaggio che conferisce la Docg? L'ho detto a un Tg locale, ma credo che sia andata in onda più volentieri la dichiarazione della collega giapponesina, mentre domenica sui giornali si sono lette dichiarazioni trionfanti: l'annata 2004 sarà a cinque stelle (sì, ma noi abbiamo assaggiato il 2000; come è stata?), mentre è impossibile - dichiarano agenzie e giornali - trovar da comprare una vigna su quelle terre baciate dalla fortuna. Insomma va tutto bene Madama la Marchesa! E forse il Made in Italy si difende proprio così, con l'autoreferenzialità. La critica intanto, sì, l'è proprio morta.

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