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Il Tirreno

Quando vince chi è più sexy … Si sono già presi qualche banca, la siderurgia e la chimica, un bel pezzo di mercato automobilistico, la grande distribuzione e molto altro. Ma il Brunello no, quello non possono portarselo via. E nemmeno la torre di Pisa, il mare di Cala Violina o il pesce della Capraia. O meglio, un giorno, potrebbero anche comprarsi tutto, ma farlo altrettanto bene no, non ci riusciranno mai. Ecco, è partendo da questa semplice constatazione che imprenditori, politici ed amici, riuniti da Ermete Realacci, hanno dato via alla Fondazione Symbola, che ha fatto della “soft economy” opposta a quella pesante delle ciminiere e della grande fabbrica, la sua filosofia e di un anniversario, celebrato in questi giorni con Col diretti, e Associazione Città del vino, il ventennale per lo scandalo del metanolo, l’occasione per rilanciare l’immagine di un’altra Italia. Vent’anni fa i 19 morti da metanolo piombarono l’industria italiana del vino, e quella toscana in particolare, in una crisi che sembrava senza uscita: crollati i consumi, ferme le esportazioni, vincente la concorrenza straniera. Invece lo choc servì da stimolo a migliorare e a porre le basi di quello che si è rivelato un autentico Rinascimento: ricerca di nuove colture, rilancio di antichi vitigni, più qualità che quantità e legame strettissimo con il territorio di appartenenza. Budini cultura e storia accanto a ricerca, innovazione, gusto, raffinatezza. Se prendiamo questa ricetta, dicono gli appassionati promotori di Symbola, e la applichiamo ovunque spicchi un patrimonio squisitamente italiano – dall’industria più sofisticata al turismo, dall’agricoltura di qualità ai beni culturali al potenziamento delle grandi infrastrutture tradizionali e informatiche – il Bel Paese può davvero sperare di tornare ad essere un Grande Paese. Tutto sommato, per verificare la fondatezza dell’intuizione non bisogna andare tanto lontano: qualche sera fa a Pisa ho visto parlare intorno a un tavolo rettori di università, enti locali, imprenditori, politici, tutti consci che è possibile inseguire la crescita senza perdere la propria anima
Né inseguire modelli di sviluppo che non ci appartengono. Ha detto in un intervista Charles Handy, irlandese, 74 anni, uno dei cinquanta più influenti business guru del mondo e grande estimatore dell’Italia: “Nel mondo degli affari non sempre vince la legge darwiniana del più forte: spesso vince chi è più sexy. E gli italiani sono più sexy”. Rendiamocene conto. E approfittiamone (arretrato del 26 febbraio 2006).

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