Nonostante gli investimenti degli ultimi anni e le diverse produzioni storiche ed autoctone che può vantare in materia, l’Italia del vino fatica ad agganciare il trend rosé, in forte espansione nel mondo, almeno prima del Covid-19. Almeno a guardare i wine shop di Londra, una delle piazze mondiali del vino e città trendsetter per eccellenza. Nella top 15 dei brand, stilata dall’agenzia di MiBD, entra un solo rosé tricolore, quello di Ca’ dei Frati, alla posizione n. 8 (con il 4% di referenze) di una graduatoria dominata dai vini francesi, a cominciare dal podio: Chateau d’Esclans al n. 1 seguito da Domaines Ott e Castel, poi Charles Melton (Australia) e ancora Francia con Château Cavalier, Chateau Miraval, Domaine de Terrebrune e Nicolas. Alla posizione n. 9 Badenhorst (Sudafrica), poi Biddenden Vineyards (Regno Unito) e i vini spagnoli Bodegas Borsao, Bodegas Cillar de Silos, Bodegas Mugas e Bodegas Torres.
Una sola presenza italiana anche nella classifica delle denominazioni più presenti: è l’Igt Veneto, alla posizione n. 8 (14% di referenze). A far la voce grossa è sempre la Francia con Cotes de Provence e Pays d’Oc ai primi due posti, seguite da Rioja (Spagna).
Rispetto agli altri tipi di vini, sottolinea MiBD, il rosè è in grado di attrarre i consumatori più giovani (il 38% di chi beve rosè è Under 35, rispetto a una media del 24%) e le donne. Un “lasciapassare” prezioso sui cui tante aziende del mondo stanno puntando. Ma l’Italia, almeno per il momento, sembra faticare a tenere il passo.
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