
Gli arrivi turistici sono stati 129,3 milioni con 458,4 milioni di presenze, di cui il 55% (oltre 250 milioni) straniere, per una spesa complessiva di 33,9 miliardi di euro. È la fotografia, secondo dati Istat e Bankitalia, del turismo in Italia nel 2024. Volumi che, però, generano alcune criticità: basti pensare al caso di Venezia, che con circa 250.000 residenti si trova ad accogliere 25 milioni di visitatori all’anno (di cui il 70% si ferma solo poche ore; fonte: Boston Consulting Group), oppure la città di Firenze con 360.000 abitanti che supera le 9 milioni di presenze annue (dati Istat). Dinamiche simili a quelle che si verificano in Giappone: secondo il Ministero dell’Ambiente nipponico, nel corso della stagione estiva 2022 sul Monte Fuji sono transitate oltre 160.000 persone, troppe secondo le autorità locali, e la Japan National Tourism Organization stima sui 36,9 milioni i turisti stranieri giunti nel Paese nel 2024, con una spesa record di oltre 8.100 miliardi di yen (53 miliardi di dollari). Parallelamente cresce, perciò, in entrambi gli Stati, la la consapevolezza dell’impatto dell’affollamento anche nella percezione dei viaggiatori: in una parola, l’overtourism. Un fenomeno che è stato oggetto della conferenza “Rural Tourism as a Response to Overtourism: A Comparative Perspective”, promossa dall’Università di Bergamo a Expo Osaka 2025, al Padiglione Italia (con presenti enti e associazioni come Eurispes, Coldiretti, Città del Vino e Associazione Italiana Turismo Responsabile, oltre a Slow Food Japan), e volta a porre le basi per una roadmap condivisa tra Roma e Tokyo, orientata a politiche territoriali più equilibrate, rispettose delle comunità e capaci di valorizzare il patrimonio diffuso.
“L’overtourism non può essere lasciato a una gestione spontanea - ha spiegato Roberta Garibaldi, docente dell’Università di Bergamo, presidente Aite-Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, autrice del “Rapporto sul Turismo Enogastronomico in Italia”, e promotrice della conferenza - serve una strategia integrata che coinvolga la comunità locale e punti su modelli turistici autentici e sostenibili. La forza del turismo rurale rappresenta una leva concreta per redistribuire i flussi e rigenerare i territori”. In un’indagine condotta dalla professoressa e analizzata in questi giorni ad Osaka, viene spiegato, infatti, come quasi la metà (49,8%) degli italiani ha dichiarato di aver vissuto nel 2024 un’esperienza condizionata dal sovraffollamento, con un disagio medio di 6 su 10, percentuale che sale al 54% nella fascia 35-44 anni. Il disagio è maggiore nel Nord Ovest (53,3% di giudizi tra 7 e 10) e Nord Est (49,5%), più contenuto al Sud (45%). Parallelamente, emergono orientamenti chiari sul futuro: 6 italiani su 10 vedono nello sviluppo del turismo rurale un mezzo efficace per redistribuire i flussi e alleggerire le destinazioni più congestionate, mentre il 43% si dice anche disposto a pagare di più per esperienze turistiche sostenibili e meno affollate. Il 74% degli italiani sostiene il potenziamento dei collegamenti verso le aree interne e il 67% individua nel turismo enogastronomico un’opportunità per valorizzare le filiere produttive locali. Una direzione intrapresa anche dai giapponesi: secondo il Ministero dell’Agricoltura del Paese del Sol Levante infatti, circa il 30% dei turisti stranieri ha visitato almeno una destinazione rurale nel 2024.
Da qui, e all’indomani della conferenza, l’auspicio perciò di consolidare una collaborazione stabile tra Italia e Giappone per condividere dati, competenze e progetti. Partendo da alcuni punti fermi. Come la necessità di superare una logica emergenziale nella gestione dei flussi, per cui diventa fondamentale disporre di dati sul turista e sull’escursionista e sui territori, anche attraverso strumenti e soluzioni forniti dall’Intelligenza artificiale. “Gestire il turismo in chiave sostenibile significa anche stimolare la destagionalizzazione e promuovere mete meno note, in un’ottica di riequilibrio territoriale - si legge nel report della conferenza - occorre pensare a destinazioni che non siano solo attrattive per i turisti, ma che garantiscano qualità della vita ai residenti”. Con una convinzione: “il turismo rurale ed enogastronomico può rappresentare una risposta concreta al sovraffollamento, alleggerendo la pressione sulle destinazioni più note e distribuendo i benefici economici e culturali in modo più equo”.
Sono state presentate, infine, varie best practice italiane ed esperienze dal Giappone e da altri Paesi, per dimostrare come cibo, cultura agricola e dimensione autentica dell’accoglienza siano in grado di attrarre viaggiatori attenti alla sostenibilità, rafforzare le comunità locali e garantire un equilibrio più stabile dei flussi turistici.
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