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IL VATICANO E GLI OGM. SECONDO MONSIGNOR CREPALDI, ARCIVESCOVO DI TRIESTE: “STANNO AIUTANDO L’AFRICA”. MA SECONDO L’OSSERVATORE ROMANO QUELLA DEGLI OGM RESTA UNA “QUESTIONE APERTA”

Le “sementi migliorate”, ovvero geneticamente modificate, “stanno promuovendo lo sviluppo dell’agricoltura africana”: lo ha affermato il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e pace, nonché arcivescovo di Trieste, Monsignor Giampaolo Crepaldi, oggi ad una giornata di studio dedicata all’agricoltura africana dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma.

“Per la soluzione di problemi così complessi e profondi come quelli che affliggono l’Africa - ha detto Monsignor Crepaldi - non ci sono soluzioni univoche e semplicistiche. Ma non possiamo ignorare i tanti benefici che deriverebbero dall’impiego di tecniche di produzione agricola innovative capaci di stimolare e sostenere gli agricoltori africani a realizzare la cosiddetta rivoluzione verde nel Continente. Già oggi - ha aggiunto - l’utilizzo delle sementi opportunamente migliorate tramite tecniche che intervengono sul loro patrimonio genetico sta promuovendo un crescente e diffuso progresso, come dimostrato da interessanti studi”.

Dell’argomento si parlerà, con tutta probabilità, anche al prossimo Sinodo dei vescovi africani, in programma a Roma dal 4 al 25 ottobre, appuntamento al quale fa riferimento la giornata di studi promossa dall’Ateneo Regina Apostolorum. Finora il Vaticano non ha espresso una posizione univoca sugli Ogm, affidando anzi, qualche mese fa, all’Osservatore Romano una puntualizzazione sull’argomento. “La questione resta aperta - affermava il quotidiano vaticano - in quanto nessuno oggi può dire di avere in tasca l’antidoto ai grandi problemi alimentari mondiali". E denunciava, per voce del presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace, il cardianale Renato Raffaele Martino, l’esistenza di “pressioni, provenienti da molteplici fonti e portatrici di esigenze diversificate e in qualche modo incompatibili, a cui anche la Santa Sede è sottoposta”.

Lo stesso “Instrumentum laboris” messo a punto per il Sinodo africano e consegnato simbolicamente dal Papa ai vescovi a Yaoundé, punta il dito contro le multinazionali che “continuano a invadere gradualmente il territorio per appropriarsi delle risorse naturali, schiacciano le compagnie locali, danneggiano l’ambiente deturpando il creato”. E le campagne di semina degli Ogm, con le quali si pretende di assicurare la sicurezza alimentare - si legge nel documento - finiscono per “rovinare i piccoli coltivatori indotti a sopprimere le loro semine tradizionali”.

Ma nella giornata di studio dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, si è fatta sentire anche la voce di un diretto interessato: “sui tempi in cui coltivavo mais convenzionale, la resa dei raccolti delle mie coltivazioni é aumentata del 40%”. A parlare un maiscoltore del Sud Africa. Gli agricoltori e i politici africani impegnati nella sfida per la fame sembrano essere concordi su un punto: l’uso delle biotecnologie. “ i benefici delle biotecnologie sono evidenti - ha detto Emmanuel Tambi, Direttore delle Politiche Regionali e dei Mercati, del Camerun - ed il vincolo più forte è dovuto soprattutto alla paura della gente, che pone più attenzione sui potenziali effetti negativi che sui comprovati benefici. Per questo - ha detto - serve istruzione e formazione”.

Sullo stesso piano Sylvester Oikeh, dell’African Agricoltural Technology Foundation: “In Sud Africa - ha spiegato - in condizioni in cui l’acqua piovana è la sola fonte di irrigazione, il mais modificato geneticamente ha aumentato le rese dell’11%, con un guadagno di 35 dollari in più per ettaro. Nel Burkina Faso, prove sul campo con il cotone modificato hanno ridotto di due terzi la quantità di pesticidi utilizzati e hanno aumentato le rese del 15%”. Interessante la testimonianza di François Traoré, Presidente dell’Unione nazionale dei produttori di cotone del Burkina Faso, che ha mostrato come le biotecnologie possano sposare l’agricoltura dei piccoli contadini locali. Infine, un’accusa all’Europa: “l’approccio rallentato alla tecnologia Ogm da parte dei Paesi europei - ha detto Motlatsi Musi, agricoltore del Sud Africa - é tra i motivi che inducono l’Africa a essere a sua volta riluttante. Ma se l’Africa deve diventare autosufficiente sul piano alimentare, è importante che si apra alle nuove tecnologie, Ogm compresi”.

Intanto, oggi, è stato stilato il “Decalogo per l’Agricoltura africana”: educazione, pari opportunità, incremento della produttività agricola, ricerca, formazione dei piccoli agricoltori, accesso al mercato, investimenti in infrastrutture, accesso all’acqua e promozione di progetti di ricerca nel campo delle agro biotecnologie. Il decalogo è stato inviato ai padri sinodali in vista del prossimo sinodo sul continente africano, che si terrà a Roma, dal 4 al 25 ottobre 2009.

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