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Il Venerdi' Di Repubblica

Se olio e vino non sono più cosa loro ... Grazie al finanziamento del Pon Sicurezza, altre due aziende agricole dei corleonesi saranno presto trasformate in centri di degustazione e di promozione dei prodotti agricoli della sicilia antimafia... San Cipirello, trenta chilometri a sud di Palermo, un tempo Giovanni Brusca possedeva un vasto terreno e un’azienda agricola. Nel regno incontrastato dei corleonesi. Su quest’area, ceduta dal comune di Monreale al Consorzio sviluppo e legalità dopo essere stata confiscata alrex boss di Cosa Nostra, sta per sorgere un centro di degustazione di prodotti biologici provenienti dalle terre sottratte alla criminalità organizzata: vini, pasta, olio, melanzane, peperoni, conserve, legumi. li locale, pronto entro fine anno, sarà aperto vicino alla cantina Centopassi (gestita dai giovani della cooperativa Placido Rizzotto-Libera Terra, che fa capo all’associazione fondata da don Luigi Ciotti). Il centro di San Cipirello, finanziato con quasi un milione e mezzo di euro, è uno dei nuovi progetti del Pon sicurezza, il programma gestito dal ministero dell’Interno e cofinanziato dall’Unione europea per colpire i patrimoni dei mafiosi e restituirli ai cittadini in nome della legalità. Finora il Pon sicurezza ha stanziato 61 milioni di euro per interventi di riqualificazione. Oggi in Italia sono 11.982 i beni confiscati alle mafie: di questi, 9.744 si trovano in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Solo in quest’ultima Regione il Pon sicurezza ha finanziato 25 progetti, per un valore di oltre 18 milioni di euro, di cui sette in provincia di Palermo.Terreni improduttivi, la loro stessa voglia di cambiare nel segno della legalità”. Non solo San Cipirello. Il prossimo progetto del Pon riguarda l’ex cantina sociale Kaggio a Monreale, alle porte del capoluogo siciliano. Era proprietà dei corleonesi. confiscata nel 1996 a Totò Riina e Bernardo Brusca, il padre di Giovanni, Abbandonata per anni, tra un anno diventerà un centro sperimentale per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli delle terre sottratte alla mafia. Una sorta di laboratorio dove avvicinare i lavoratori alle nuove tecniche di produzione, con un investimento di oltre due milioni di euro. “La Sicilia è la regione con la maggiore concentrazione di beni confiscati: circa il 40% del totale, recuperarli e reinserirli nel circuito produttivo legale, in un contesto che storicamente ha subito una forte presenza mafiosa, è non solo il simbolo della vittoria dello Stato su Cosa Nostra” conclude Izzo «ma anche l’espressione di un modello di gestione che corregge le distorsioni del mercato creando opportunità di lavoro”.

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