Nell’ultimo anno, il vino italiano nel suo complesso sembra aver preso coscienza di una questione fondamentale: gestire il proprio potenziale produttivo, cercando un equilibrio di mercato ed una certa stabilità, soprattutto sul fronte dei prezzi. Lo testimoniano le tante misure messe in atto, in questo senso, da molti Consorzi di denominazioni importanti. E, in questo senso, un importante impulso a questo processo lo rivendica il mondo della cooperazione vitivinicola, che vale oltre la metà della produzione italiana, e che già in aprile 2019 aveva lanciato delle proposte alla filiera, che andavano dalla riduzione delle rese anche per i vini senza Denominazione o Indicazione geografica, alla revisione di quelle dei disciplinari delle Dop, anche in relazione ai cambiamenti climatici, dalla messa a punto dei meccanismi di governo dell’offerta già previsti - dalla riserva vendemmiale allo stoccaggio del prodotto - ai Piani di Produzione, al porre più attenzione sull’attuale governo delle eccedenze, dei declassamenti e delle stesse riclassificazioni, per evitare che una DO o IG “sottostante” o, in alcuni casi anche il vino generico, si ritrovi ad un tratto a dover gestire quantità sensibilmente maggiori rispetto alle aspettative iniziali. Proposte lanciate dall’Alleanza delle Cooperative, voce di un segmento della produzione che, 480 cantine produce il 58% di tutto il vino italiano e fattura oltre confine un terzo (2 dei 6,2 miliardi) del valore dell’export del comparto. “E non può che fare piacere vedere che su questa strada la filiera ed i consorzi si sono mossi in maniera rapida e concreta - commenta, a WineNews, Ruenza Santandrea, alla guida del settore vino dell’Alleanza - tanto che sono fiduciosa del fatto che presto ci ritroveremo con la filiera intorno ad un tavolo, e saremo in grado di portare un pacchetto completo di proposte al Ministero delle Politiche Agricole a breve”.
Il concetto chiave, per Santandrea, è trovare un equilibrio e gli strumeti per una programmazione che metta a riparo la filiera dalle oscillazioni del mercato, a volte troppo marcate e repentine, soprattutto sul fronte dei prezzi.
“Dobbiamo riorganizzare il “vigneto Italia” per i prossimi 10 anni - sottolinea Santandrea - fino ad oggi siamo stati bravi, la qualità delle produzioni aumenta, ed esportiamo sempre di più. Ma dobbiamo regolare l’offerta, si soffre troppo di questi sbalzi di prezzo, impennate o cadute, a volte legate davvero alla produzione, altre legate, però, al sentiment, agli “umori” del mercato, e anche il vino ha bisogno come tutti i settori, di stabilità dei prezzi, per non avere danni, sia a livello di mercato, ma anche di produzione. Per questo già ad aprile avevamo lanciato diverse proposte alla filiera, ed è iniziata una discussione molto ampia e positiva. È iniziata una discussione nei Consorzi, che è sfociata in una serie di misure messe in campo da diverse denominazioni, dal blocco degli impianti allo sblocco delle riserve di prodotto, su cui inoltre abbiamo posto la riflessione sull’opportunità di un loro utilizzo o meno, perchè talvolta quando vengono sbloccate e declassate possono fare danni a quello che sta sotto, dagli Igt ai vini comuni. In ogni caso, è un dato di fatto che sia iniziato un percorso molti vivace, i Consorzi stanno facendo un grande lavoro. Alle misure che abbiamo proposto, inoltre, aggiungerei, anche per i vini non a denominazione o indicazione geografica, la possibilità di stoccaggio, che non deve essere una misura di sostegno pubblico - e quindi a costo zero per lo Stato - ma una misura per equilibrare il mercato. La dovremmo discutere, e tra l’altro si può attuare a livello nazionale, senza dover passare per l’Europa. Tra l’altro se ne parla anche in Spagna, dove la sta portando avanti la cooperazione con l’interprofessione”.
Il concetto centrale, dunque, è che anche nel vino bisogna arrivare, “nel limite del possibile, a non dover subire gli andamenti annata per annata, ma a poter programmare nel tempo. E mi fa piacere che questo sia stato capito anche nelle Doc più importanti, in termini di valori. Se andremo avanti su questa strada e riusciremo a completare questo percorso, credo di poter dire che avremo messo in sicurezza il vino italiano, almeno a medio termine”.
Un ruolo fondamentale, in questo processo, oltre che i Consorzi che gestiscono le denominazioni, sono le stesse Cooperative che, come detto, in Italia valgono oltre la metà della produzione del vino nazionale, e che, sottolinea Ruenza Santandrea, devono continuare su quel processo virtuoso che le sta trasformando da realtà di produzione di volumi e imprese collettive votate alla qualità e ad una sempre maggiore propensione all’export.
“Il successo maggiore lo stanno avendo quelle realtà che attraverso fusioni, inclusioni acquisizioni o collaborazioni, hanno raggiunto dimensioni che le rendono capaci di affrontare i mercati internazionali, ma ci sono anche cooperative più piccole che magari lavorano bene su qualche nicchia, e va bene così. Ma in generale, credo che sia fondamentale organizzare al meglio la produzione, perchè quando si ha che fare con migliaia di ettari gestiti da migliaia di produttori, diventa un aspetto imprescindibile, ad ogni livello, enologico, vitivinicolo e non solo. Le Cooperative sono la spina dorsale della filiera vitivinicola italiana, e hanno grandi responsabilità. Non è un caso che da tempo, la cooperazione punti sempre più sul tema della sostenibilità, con scelte ben precise”.
Sulla contingenza della vendemmia 2019, stimata il calo del 16% sul 2018, sui 46 milioni di ettolitri, il pensiero è chiaro: “aspettiamo che le uve siano davvero in cantina perchè le sorprese sono sempre dietro l’angolo, ma di certo una raccolta non abbondante aiuterà sul fronte dei prezzi. Staremo a vedere, perchè i mercati sono in attesa di quello che succederà, e al momento è sostanzialmente tutto fermo”.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024