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“PROSPECTIVE”

Il vino nel 2045? Uno studio francese ipotizza quattro scenari (e ci sono Low Alcol, bio e Piwi)

Elaborato da Vinseo (Vigneron d’Occitania), FranceAgrimer e Istituto Agro Montepellier, e analizzato da WineNews, fa riflettere sul futuro del settore
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Lo studio di previsione di Vinseo sul comparto con orizzonte il 2040-2045 (ph: Pixabay)

Salutismo, biologico, cambiamento climatico, gradazione alcolica, varietà resistenti (Piwi), mancanza di manodopera, innovazione tecnologica, tensioni commerciali e sostenibilità: le sfide che ruotano attorno al mondo del vino sono attuali e occorre saperle affrontare con approccio strategico. Ma cosa succederebbe se si sapessero già evoluzioni, stato di salute e prospettive della filiera di qui a 20 anni? Vinseo, l’associazione francese dei vigneron d’Occitania, ha risposto a questo interrogativo elaborando un maxi-studio di previsione sul comparto con orizzonte temporale il 2040-2045, insieme a FranceAgrimer e all’Istituto Agro Montepellier. Negli ultimi due anni esperti del settore e addetti ai lavori hanno infatti individuato più di 300 ipotesi ritenute determinanti per il futuro dell’industria combinandole con dinamiche e questioni relative a cambiamento climatico, macroeconomia, tecnologia e consumi, restituendo in definitiva un quadro composto da quattro scenari. Gli autori dell’analisi precisano che non si tratta di una predizione del futuro, ma solo di prospettive probabili utili per stimolare una o più riflessioni da parte dei protagonisti della filiera, e che WineNews ha analizzato.
Il primo scenario elaborato da Vinseo ipotizza un domani dove il vino viene percepito dal consumatore come un prodotto alimentare dannoso per la salute a causa del suo contenuto alcolico, dove l’uso intensivo di pesticidi solleva dubbi sul rispetto dell’ambiente, e nel quale l’Unione Europea ha perciò limitato fortemente i finanziamenti alla produzione vinicola, privilegiando forme di agricoltura più rurali: ne consegue che il vino biologico sia il più richiesto. La viticoltura è tollerata, ma a condizione che sia mantenuta una certa trasparenza sulle pratiche. Nonostante lo slancio digitale e gli importanti progressi tecnologici raggiunti, infatti, i problemi climatici aumentano e questo comporta un aumento dei costi di produzione e la riduzione della redditività che spinge i viticoltori a spostare i loro terreni verso il Nord della Francia. Nel frattempo i consumatori optano per una maggiore sobrietà e la filiera risponde con vini a bassa gradazione alcolica. La tendenza permette di rivalutare la definizione di vino, rendendola più inclusiva, e integrando nuove pratiche enologiche (ed enoturistiche) con i prodotti No/Low alcol e “naturale” che fanno evolvere la domanda. In particolare crescono i vini leggeri e freschi, a scapito dei rossi corposi.
Il secondo scenario immagina, invece, significativi effetti del cambiamento climatico, tali da rendere l’acqua una risorsa sempre più rara e preziosa. La filiera è così impegnata attivamente nella riduzione dei pesticidi e, più in generale, in una viticoltura sostenibile. La ricerca ha permesso di sviluppare tecnologie efficaci in questo senso, in grado anche di scongiurare lo spostamento dei vigneti. In parallelo - in una logica di sostenibilità sociale - il vino e la regolamentazione evolvono verso una produzione a bassa gradazione, ben accolta dai consumatori che lo considerano un prodotto salutare e di cultura. L’innovazione si scontra però con una fase di recessione significativa nel quale il vino viene percepito come costoso e il commercio rallenta. L’Unione Europea supporta il reimpianto di vigneti con varietà resistenti permettendo alle aziende di mantenersi all’interno dei propri perimetri geografici nel Sud, ma questo genera concorrenza interregionale. A soffrire sono le imprese a conduzione familiare, mentre emergono i grandi fondi.
Il terzo scenario indagato da Vinseo vede un 2040-2045 dove manca manodopera nella filiera. L’Unione Europea ha ridotto il suo sostegno finanziario all’agricoltura e anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha bollato il settore vinicolo come “non essenziale”: in mancanza di supporto alla ricerca, infatti, i progressi tecnologici nel settore stagnano. Tutto ciò si ripercuote sul comparto con i viticoltori che, senza innovazione e strumenti assicurativi comunitari, vengono colpiti dai cambiamenti climatici e sono alla ricerca di terroir più favorevoli al Nord della Francia. La filiera fatica ad intercettare le preferenze del consumatore e perde quote di mercato in favore di altre bevande: le piccole aziende familiari tendono a scomparire, mentre i gruppi cooperativi agricoli investono nella varietà resistenti. L’offerta così tende a segmentarsi tra vini di grandi marchi internazionali e vini realizzati in vigneti-giardini in ambiente periurbano.
Il quarto e ultimo scenario vede una filiera francese molto orientata verso i mercati esteri, impegnata nel biologico e consapevole dell’importanza di ridurre i pesticidi, che tuttavia sono difficili da gestire se non ricorrendo alle tecniche di viticoltura convenzionali. Nel frattempo il mondo entra in una fase di recessione che fa diminuire domanda e commercio. Le varie regioni vinicole fanno squadra tra di sé per resistere. Il vino comunque, come prodotto, viene ben percepito dal consumatore che inoltre nutre forti aspettative nel suo “sviluppo sostenibile”. Sono due le strategie reputate in grado di favorire questo processo: il rinnovo dei vigneti con varietà resistenti e il progresso tecnologico composto da meccanizzazione, automazione e viticoltura di precisione. Il modello economico si divide tra chi punta sul territorio (Indicazioni geografiche ed enoturismo) e chi investe sulla concentrazione degli attori (fusioni e acquisizioni tra aziende) privilegiando l’approvvigionamento di grandi volumi derivanti da elevati rendimenti e una commercializzazione di vini in grandi quantità a livello internazionale.
A chiusura dello studio Vinseo ribadisce come l’elaborazione miri a individuare i margini di manovra al fine di anticipare e idealmente costruire il futuro, piuttosto che subirlo. A tal proposito, l’associazione dei vigneron d’Occitania propone - per affrontare gli scenari elencati - cinque atteggiamenti possibili: la “proattività positiva” (agire da subito per favorire la realizzazione dello scenario), la “proattività negativa” (agire da subito per sfavorire la realizzazione dello scenario), la “reattività anticipata” (prepararsi da subito alla realizzazione dello scenario), il “monitoraggio” (porre sotto sorveglianza lo scenario per verificare se la sua realizzazione si delinea nel tempo), oppure nessun atteggiamento se lo scenario non presenta particolare interesse.
I quattro scenari, pur se diversificati tra loro, hanno trame intrecciate e, al netto di sfide o problemi dei quali al momento dell’elaborazione dello studio non se ne è a conoscenza, ma che potrebbero sorgere entro 20 anni, così come svanire, le prospettive di Vinseo hanno elementi comuni. Il biologico per esempio, visto come produzione particolarmente gradita dal consumatore di domani, sempre più interessato all’ambiente e alla riduzione di pesticidi. Una previsione in linea con quella degli esperti di mercato di InsightAce Analytic, secondo i quali entro il 2030 il mercato mondiale del settore varrà 25 miliardi di dollari.
Altro tema ricorrente nel maxi-studio sul futuro della filiera sono le varietà resistenti. Ma in Italia saranno integrate nei disciplinari attuali? O avranno una denominazione tutta loro? Questo non è specificato, ma certo è che i Piwi si stanno ritagliando un’immagine sempre più consolidata tra i consumatori ed un appeal in crescita anche tra i produttori.
E ancora: i vini a bassa gradazione alcolica e l’ondata salutista. Vinseo ipotizza una tendenza dei francesi a spostarsi verso un consumo più moderato, con la filiera che si muoverà di conseguenza. Se già il 20% dei transalpini ammette di non bere mai vino (come rivela uno studio), è altrettanto vero che il mercato dei dealcolati in tutto il mondo è molto attivo. Ecco allora emergere uno scenario più volte affrontato anche su WineNews e supportato dai dati: quello che vede i vini più leggeri e freschi (come spumanti e bollicine) prevaricare nei consumi i rossi più corposi. Ma non alcuni grandi fuoriclasse del settore: marchi capaci, al momento, di giocare comunque un campionato a parte.

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