Il potere d’acquisto degli stipendi in Italia è in calo, i consumi legati all’alimentazione, attività primaria dell’uomo, diminuiscono, mentre aumentano quelli legati ai servizi, all’abbigliamento ed alla tecnologia. Una situazione che a prima vista può sembrare contraddittoria e paradossale. “Si potrebbe - commenta Andrea Segrè, ordinario di Politica agraria e preside della facoltà di Agraria di Bologna - rispondere “È la legge dell’economia, bellezza!”: quando aumenta il reddito, il consumatore destina una parte meno che proporzionale ai consumi alimentari e aumenta gli altri consumi. Il problema è che non siamo in questa fase nell’economia italiana ed europea, e molti dei consumatori non arrivano a fine mese”.
Il mutare della spesa per i consumi alimentari è “un fatto importante che modifica anche la dieta delle persone: idealmente, non è detto che una contrazione dal punto di vista quantitativo si rifletta in una diminuzione di reddito per l’agricoltore, perché il consumatore può acquistare prodotti più costosi”.
Ma come detto, questa è la situazione ideale, ben diversa dalla realtà di questi tempi. L’Università può fare qualcosa in questo senso, come cercare di creare e diffondere una nuova educazione dell’alimentazione?
“L’università - risponde Segrè - fa abbastanza: per esempio, la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna ha messo in piedi un progetto per eliminare lo spreco di cibo, “last minute market”, che recupera e dona in beneficenza ai consumatori in difficoltà cibi e prodotti che non vengono venduti per ragioni commerciali come date di scadenza ravvicinate, etichette rovinate e simili. Poi come università studiamo anche i consumi, le nuove tendenze, ma per arrivare ad un applicazione operativa dei risultati ci vuole tempo”.
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