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CONFCOMMERCIO

In Italia ci sono sempre meno attività commerciali, ma bar e ristoranti continuano a crescere

Tra il 2012 e il 2021 le imprese dell’ospitalità segnano il +7,1%, boom al Sud. Sempre di più gli imprenditori e gli operatori stranieri
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I numeri di bar, ristoranti e alberghi in Italia tra il 2012 e il 2021

Tra il 2012 e il 2021, in Italia, “sono scomparsi quasi 85.000 negozi fisici, di cui quasi 4.500 durante la pandemia, e se aggiungiamo i 10.000 persi nel commercio ambulante, si arriva a 100.000 attività scomparse”. Così Mariano Bella, direttore Ufficio Studi Confcommercio, che ha curato un’analisi su 120 comuni medio-grandi (escludendo Milano, Napoli e Roma perché multicentriche), che ha messo al centro l’andamento dello stock delle imprese del commercio al dettaglio, ripartito in 11 categorie merceologiche (non specializzati, alimentari, tabacchi, carburanti, computer e telefonia, mobili e ferramenta, libri e giocattoli, vestiario e calzature, farmacie, ambulanti e altro commercio) e dei settori degli alberghi e delle attività di ristorazione.

Nel periodo in esame, come emerge dai dati Confcommercio, il numero di alberghi, bar e ristoranti è passato dai 318.133 del 2012 ai 340.780 del 2021, con una crescita del +7,1%, che neanche la crisi legata alla pandemia di Covid-19 sembra aver scalfito: dal 2019 al 2021 la crescita è stata dell’1,7%. Stabile, nel complesso di tutti i settori economici, il numero delle imprese attive: poco più di 6,5 milioni, per effetto di un calo di 190.000 unità (-3,4%) di quelle italiane e di un analogo incremento (+34,6%) di quelle straniere, la cui quota passa dal 7,8% del totale al 10,6%. Nel commercio, spariscono 200.000 imprese italiane (-13,6%) e ne emergono quasi 120.000 straniere (+69,6%), con la quota delle straniere quasi raddoppia in nove anni: dal 10,7% al 19,1%. Per gli occupati in alberghi e pubblici esercizi, la dinamica è la stessa: gli occupati italiani calano del -3,7%, con i lavoratori stranieri che crescono del +18,4%, arrivando a rappresentare una quota dell’11%.

Interessante, restringendo il capo a bar e ristoranti, è notare come la crescita delle aperture abbia riguardato più i centri storici (+10,5%) del resto dei quartieri (+7,9%)) delle 120 città analizzate. Ancora più ampio è il gap tra aperture al Sud e al Centro-Nord: nel Meridione il numero di bar e ristoranti, tra il 2012 e il 2021, è cresciuto del +17,2% nei centri storici e del +14,9% negli altri quartieri, mentre al Centro-Nord la crescita è stata, rispettivamente, del +7,8% e del +4,9%. La ristorazione, nei centri storici, segna così una crescita delle aperture del +10,5%. A Venezia, Firenze e Palermo - tre città ad alta attrattiva turistica - tra il 2019 ed il 2021 il numero degli alberghi è diminuito del -1,9% (contro una crescita del +1,1% di tutte le 120 città esaminate), quello dei bar del -3,8% (contro il -2,2% complessivo) e quello dei ristoranti è cresciuto del 7,8% (più del 7% segnato dal campione nel suo complesso).

“Una grossa parte della riduzione delle attività commerciali - conclude Mariano Bella - è dovuta alla stagnazione dei consumi di tipo strutturale che affligge l’Italia da tanto tempo. Oggi i consumi in termini reali sono sotto i livelli del 1999 e lo stesso parametro in termini pro capite si colloca sotto i valori del 1998, cioè 17.297 euro del 2021 contro i 17.708 euro di 25 anni fa”.

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