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In Italia si beve italiano, ma cresce anche l'attenzione per le bottiglie del "Nuovo Mondo"
a cura dell'Osservatorio del Salone del Vino di Torino

Gli italiani confermano la loro marcata preferenza per le etichette “made in Italy”, ma sono anche affascinati dai vini del “nuovo mondo”. E come moderni Cristoforo Colombo si lanciano alla loro scoperta. Dall’inchiesta condotta dall’Osservatorio del Salone del Vino su un campione casuale rappresentativo costituito da 400 enoteche emerge che il Cile è il paese vinicolo in questo momento di maggiore tendenza, anche se il mercato d’importazione è ancora dominato dalla Francia, che, tra l’altro, detiene il primato dei prezzi. I suoi quattro moschettieri - Chateau d’Yquem, Romanée Conti, Petrus e Lafite Rothschild - sono infatti le bottiglie più care che si trovano in commercio nelle enoteche italiane (con prezzi massimi che vanno da 7.000 Euro a poco meno di 2.000, per annate di particolare pregio o storiche). Le uniche bottiglie italiane capaci di insidiare questi livelli di prezzi sono un paio di Barolo d’antan e le vecchie Riserve di Brunello di Montalcino Biondi Santi (la Riserva 1891 è in assoluto la bottiglia più costosa delle 400 enoteche sondate: 20.000 Euro).

Ma vediamo cosa bevono gli italiani, se bevono straniero. In questo momento, nella classifica delle vendite, al primo posto c’è la Francia, insidiata però da Cile e Usa. Quarta nelle preferenze è l’Australia e solo quinta la Spagna. Ma a livello di tendenze la classifica si ribalta ed ecco che la graduatoria dei tassi di crescita premia i vini cileni (probabilmente in virtù anche dell’ottimo rapporto qualità-prezzo), seguiti dai francesi, mentre il terzo posto va alle bottiglie “made in Australia”. Quarto posto ai vini americani e quinto ai sudafricani. Insomma, se non fosse per le preferenze che ancora vengono date a Bordeaux e dintorni, gli italiani volendo bere straniero si rivolgono esclusivamente al “nuovo mondo” vitivinicolo.

L’indagine condotta dall’Osservatorio del Salone del Vino esegue un monitoraggio anche sulle intenzioni di acquisto. Per il 35% delle enoteche intervistate la richiesta di vini stranieri è in crescita, per il 40% il mercato è stabile e un quarto delle enoteche (25%) giudica la richiesta di vino straniero in flessione. Questi dati sono in linea con le attuali tendenze, ma su come evolveranno i gusti dei consumatori su particolari aspetti c’è contrasto. L’Osservatorio del Salone del Vino ha chiesto infatti ai 400 enotecari italiani se la barrique (cioè la tecnica di invecchiamento in speciali botti di rovere) è da considerarsi una moda effimera o una tecnica vinicola destinata ad affinarsi e a durare. Il 56% delle enoteche sostiene che è una tecnica che si consoliderà sempre più, mentre il 44% considera la barrique un fenomeno passeggero. Un po’ come ai tempi di Coppi e Bartali, l’Italia del vino su questo tema (che significa poi in buona sostanza la scelta tra fare con la barrique vini di impronta internazionale piuttosto che vini più legati alla tradizione ed al terroir) continua a dividersi, ma rispetto ad altre indagini i non “barricaderi” sembrano in aumento.
In ogni caso, le enoteche continuano ad essere un presidio dei vini italiani: su una media di 884 etichette presenti negli scaffali, secondo quanto emerge dalla rilevazione, l’89% sono italiane e solo il 11% sono straniere. L’Osservatorio del Salone del Vino ha cercato con questa indagine anche di definire meglio il carattere delle enoteche, che non sono più semplicemente negozi del vino, ma stanno diventando “accademie del gusto”: nel 78% dei casi il pubblico dei frequentatori delle enoteche chiede al gestore di organizzare corsi di degustazione. Nel 2001, il 61% delle enoteche ha perciò deciso di organizzare eventi per i clienti, con una media di 10 occasioni di incontro nell’anno, e un discreto numero ha fatto anche tipi di eventi diversi. Gli incontri con il pubblico più utilizzati sono stati i corsi di degustazione organizzati dal 67% degli esercizi che hanno fatto eventi, mentre ad incontri con winemakers e produttori ha fatto ricorso il 65% e i più paludati seminari sono stati utilizzati solo dal 13%. Per rendere migliore la degustazione dei vini ma anche per offrire un servizio di “testimonianza del terroir italiano” il 76% delle enoteche propone assieme alle bottiglie prodotti agroalimentari tipici del territorio e il 68% si è specializzato nel vendere anche gadget e accessori per la degustazione e la conservazione del vino, che sempre più spesso viene affidato dai privati all’esercente per essere tenuto in cantina (un po’ come si fa con il deposito dei preziosi o delle pellicce). Così se il 41% degli italiani chiede il servizio di stoccaggio (il 59% non è interessato) ben più di una enoteca su due (il 57% contro il 43%) è disposta ad offrirlo. Evidentemente il vino è sempre più considerato un piccolo-grande tesoro da far custodire da chi ne è davvero capace.

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