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INDAGINE COLDIRETTI: IN RIPRESA IL 10% DELLE AZIENDE, CON LE IMPRESE FAMILIARI IN TESTA GRAZIE A PLURI-ATTIVITA’ E PRODUZIONI TIPICHE E DIFFERENZIATE. SOFFRONO LE MEDIO-GRANDI. ECCO L’AGRICOLTURA ITALIANA AL TEMPO DELLA CRISI ...

Il 10% delle aziende agricole del Belpaese risulta in ripresa, e, a guidare la risalita, sono le piccole imprese familiari, capaci di assorbire gli shock grazie alla diversificazione del portafoglio delle loro attività (dall’agriturismo ai prodotti tipici, e così via), mentre le medio-grandi soffrono di più, ed è in particolare la produzione di beni certificati, come Dop, Igp e “bio”, a premiare: è il quadro dell’agricoltura in Italia al tempo della crisi, secondo un’indagine promossa dalla Coldiretti e condotta dal professor Donato Romano (su un campione di 326 aziende che coprono tutte le principali filiere). I risultati dell’indagine Coldiretti mostrano, in particolare, come la crisi sia un fenomeno altamente discriminatorio, che colpisce in maniera differenziata le diverse tipologie di impresa.
In agricoltura, secondo i risultati dell’indagine, la crisi “picchia duro” sulle aziende agricole di medie e grandi dimensioni che producono merci indifferenziate (commodities), ma colpisce l’intera agricoltura, anche se con un certo ritardo sugli altri settori economici. In particolare, in un quadro in cui la maggior parte delle imprese agricole denuncia un peggioramento del proprio fatturato, c’è quasi un 10% di aziende che migliorano, determinando così una polarizzazione dei risultati aziendali, continuando una tendenza già in atto dallo sgonfiamento della bolla dei prezzi. In generale a soffrire di più sono le aziende strutturate di dimensioni medie e medio-grandi (tra i 10 e i 50 ettari), mentre vanno relativamente meglio le imprese familiari pluri-attive, confermando che, come in altri settori, la piccola impresa familiare sembra essere maggiormente capace di assorbire gli shock, anche per la diversificazione del portafoglio delle sue attività. In particolare, la diversificazione delle attività aziendali, per esempio associando attività agrituristiche alla semplice produzione di beni agricoli, consente di resistere meglio alla crisi, con quasi 15 punti percentuali in più di aziende il cui fatturato è stabile e 10 punti percentuali in meno di aziende che hanno un fatturato in diminuzione. Infine, resistono meglio alla crisi quelle aziende che riescono a differenziare le proprie produzioni: ad esempio la trasformazione aziendale dei prodotti garantisce un differenziale di 14 punti percentuali in meno di aziende che dichiarano un fatturato in diminuzione e un differenziale di oltre 9 punti percentuali in più per quelle che dichiarano un fatturato in aumento, e un andamento simile si verifica in particolare nel confronto tra aziende che producono beni certificati (Dop, Igp, biologico) e non.
Secondo l’indagine, in termini assoluti le performance del settore agricolo peggiorano a causa delle caratteristiche strutturali della filiera agricola e del potere di mercato degli intermediari commerciali, che determinano una trasmissione asimmetrica delle variazioni dei prezzi, sia a valle che a monte dell’azienda agricola. In pratica, ciò determina un peggioramento notevole dei redditi agricoli attesi per effetto di un peggioramento della ragione di scambio della fase di produzione agricola, di un aumento dei margini distributivi e di un’amplificazione delle fluttuazione dei prezzi all’azienda. In altre parole, la crisi mette in evidenza i mali antichi del settore, come la presenza di una struttura di mercato largamente imperfetta lungo tutta la filiera, in cui le imprese agricole rappresentano i vasi di coccio tra i vasi di ferro degli intermediari a valle e a monte.
L’indagine indica che 5 linee di azione su cui è necessario agire in maniera prioritaria: rendere più competitiva la filiera e/o ribilanciare il potere contrattuale delle fasi a valle e a monte dell’azienda agraria; riposizionare il mix produttivo, verso prodotti maggiormente differenziati qualitativamente, e commerciale, attraverso canali che preservino l’identità (produzioni certificate, trasformazione aziendale dei prodotti ...); ridefinire le regole e le formule contrattuali di collocamento dei prodotti nelle prime fasi della filiera; migliorare la produttività aziendale, attraverso investimenti soprattutto di carattere strutturale; diversificare il portafoglio di attività a livello aziendale (agriturismo, servizi ambientali, produzione energia, ecc.), in modo da garantire una maggiore resilienza dell’impresa agli shock.
A confermare questi risultati, un’indagine realizzata da Coldiretti-Swg nell’ottobre 2009, secondo la quale gli italiani ritengono che le cause della moltiplicazione dei prezzi dal campo alla tavola sono da imputare nell’ordine a tutti i passaggi intermedi, ai ricarichi eccessivi applicati dalla distribuzione e alle speculazioni. Per rilanciare l’economia l’80% degli italiani ritiene che occorra sostenere le imprese legate al territorio, mentre solo una esigua minoranza, il 5%, è a favore di aiuti alle grandi imprese multinazionali e globalizzate e il 2% di quelli alle banche. Secondo un sondaggio on line realizzato su www.coldiretti.it, la crisi economica finirà entro un anno secondo quasi due italiani su tre (62%) e, in particolare, se una sostanziosa minoranza del 30% ritiene che la crisi sia irreversibile, ben l’8% la considera già superata o superabile nei prossimi mesi.

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