L’inflazione che sale e gli stipendi che non “galoppano” stanno incidendo sui consumi dei beni alimentari, che, pur ricoprendo una percentuale non di poco conto sul budget familiare (è il secondo capitolo di spesa dietro soltanto alla voce “abitazione”), si trovano di fronte ad un calo quantitativo con tanto di cambiamento di abitudini da parte dei cittadini che cercano di trovare soluzioni diverse per far fronte ad un fenomeno che incide sulle proprie tasche. Sono alcuni spunti dell’ultimo “Rapporto Analisi dei Settori Industriali” by Intesa Sanpaolo e Prometeia, dove si parla di un fatturato dell’industria manifatturiera italiana che dovrebbe stabilizzarsi sui 1.160 miliardi di euro nel 2024, a prezzi correnti: +250 miliardi sul 2019, a chiusura di un ciclo post-Covid da record. A prezzi costanti, le attese sono di moderato rimbalzo in media d’anno (+0,6%), grazie a un secondo semestre più dinamico che dovrebbe consentire di recuperare parte di quanto perso nel 2023 (-2,1%). Fondamentale sarà il contributo del canale estero: in un contesto di progressiva ripresa della domanda mondiale, previste esportazioni di beni manufatti in crescita del 2,6% nel 2024, a prezzi costanti. In crescita i consumi che, favoriti dal recupero del reddito disponibile eroso dall’inflazione, potranno superare i livelli 2019 anche a prezzi costanti. A fare da traino saranno i servizi, a fronte di consumi di beni manufatti meno dinamici, con spunti di crescita per i beni durevoli per la mobilità e una tenuta della spesa per i beni alimentari, che continuerà a incidere in maniera rilevante sulla spesa complessiva togliendo spazi di recupero al comparto abbigliamento. Sempre sul fronte consumi, che a fine 2023 erano ancora inferiori ai livelli del 2007 (-1,1% a prezzi costanti, a fronte di un sorpasso già realizzato in Spagna +2,3%, Francia +12,6% e Germania +13,4%, nonostante la debolezza dell’ultimo biennio), le prospettive sono di modesta crescita, frenata dalla debole dinamica salariale, dai vincoli di reddito (che interessano un numero crescente di famiglie, in particolare con minori, e i giovani), e da riduzione e invecchiamento della popolazione.
In sostanziale tenuta, dunque, la spesa per beni alimentari, che a seguito dei recenti rincari continuerà a incidere in maniera rilevante sulla spesa complessiva per consumi nel 2024, e sui redditi delle famiglie, togliendo spazi di recupero, come accennato, ai consumi di abbigliamento e calzature, soprattutto per le famiglie meno abbienti. Le esportazioni saranno il principale driver di crescita anche per i produttori di beni di consumo tipici del made in Italy, quali, appunto, anche la categoria “Alimentare e bevande”, che però manterranno un ritmo di sviluppo di poco inferiore all’1% medio annuo nel quadriennio di previsione, nonostante consumi domestici poco dinamici (che nel breve periodo risentiranno degli strascichi della crisi dei redditi legata alla spirale inflazionistica e nel lungo termine delle tendenze demografiche penalizzanti).
A fine 2023, l’Italia era l’unica economia, tra i quattro Paesi considerati, con un livello di spesa per consumi delle famiglie ancora inferiore sul 2007 (-1,1%), a fronte di una modesta crescita della Spagna (+2,3%) e di un netto sorpasso di Germania e Francia (rispettivamente pari +13,4% e +12,6%). Anche prendendo in esame l’evoluzione della spesa per consumi pro capite, Italia e Spagna restano molto distanti da Francia e Germania. La spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia risulta assai depressa anche e soprattutto allargando l’orizzonte temporale all’ultimo decennio, in calo del 10,5% sul 2014, al netto delle spinte inflattive.
A valori correnti, invece, la spesa famigliare è cresciuta da 2.519 a 2.728 euro mensili nel periodo 2014-23, con un aumento dell’8,3%. Guardando agli ultimi anni, nel 2020, con l’insorgere dell’emergenza sanitaria da Covid, le riduzioni più intense hanno interessato i capitoli di spesa della mobilità e del fuori casa, mentre sono rimaste sostanzialmente invariate le spese per alimentari e abitazione. L’espansione della spesa ha fatto il salto nel 2022, portandosi su livelli medi per famiglia di oltre 2.600 euro, in forte aumento rispetto ai 2.400 euro del 2021. Tale incremento, tuttavia, è dovuto esclusivamente alla rapida accelerazione dell’inflazione, mentre la spesa in termini reali rimane sostanzialmente invariata. In molti casi, si è trattato anche di modificare le proprie scelte di acquisto, in particolare nei confronti della spesa alimentare. Nel 2022, il 29,5% delle famiglie intervistate dall’Istat, dichiara, infatti, di aver provato a limitare, la quantità e/o la qualità del cibo acquistato, quota in forte aumento sul 2021 (24,4%). Comportamento che trova conferma anche nei dati Istat sul commercio al dettaglio, che nel 2022 registrano un aumento delle vendite di beni alimentari a valori correnti, soprattutto nei discount, e un calo in volume. Tendenza che è proseguita anche nel 2023, secondo i dati preliminari dell’Istat, a testimonianza del fatto che le famiglie hanno continuato a modificare le proprie strategie di acquisto per far fronte all’aumento dei prezzi..
L’aumento dei prezzi per l’abitazione e per gli alimentari pesano relativamente di più sul budget delle famiglie meno abbienti (72,8% contro il 58,5% per le famiglie più abbienti), nel 2023, quasi il 60% della spesa media mensile delle famiglie è destinato ai capitoli di spesa “Abitazione e Alimentari, bevande, tabacchi” (rispettivamente 36% e 20,9%). Nel confronto con la composizione media del periodo pre-pandemico, si evidenzia un forte incremento delle spese per l’abitazione e gli alimentari, dovuto quasi interamente alla componente inflazionistica che ha interessato questi capitoli di spesa nel biennio 2022 -2023. In aumento, tuttavia, anche l’incidenza delle spese per turismo e fuori casa (Horeca) che, dopo il crollo imposto dalle restrizioni nel periodo pandemico, hanno registrato un intenso rimbalzo in termini di volumi. All’opposto hanno perso rilevanza nel paniere di spesa i consumi legati alla mobilità, effetto anche del mantenimento di forme di smart working e call conference che portano a minori spostamenti per lavoro. Chi ha figli destina una voce più importante del proprio budget alla voce “alimentare, bevande e tabacchi”: si tratta, infatti, del 15,7% per una persona sola tra i 18 ed i 34 anni; dei 18,7% se si è soli dai 65 anni in su, del 23,4% per la coppia con tre o più figli e del 21,5 per il monogenitore (anno di riferimento è il 2022).
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