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Mi ubriaco di salute … Cin cin vinoterapia: prevenire malattie e invecchiamento con un brindisi... Che faccia bene lo sostenevano già la Bibbia e Platone. Ora la scienza rilancia il vino. Il segreto? È celato in una molecola impronunciabile. Specie dopo un bicchiere in più... Caterina Sforza lo usava nel Quattrocento come crema di bellezza. Quindici secoli prima, Platone lo consigliava, dopo i 40 anni, come rimedio all’asprezza della vecchiaia. Plinio classificava uve e terreni in base ai vini prodotti. Il libro del Siradde nella Bibbia dava istruzioni ancora molto attuali: “Il vino è come la vita per gli uomini, purché tu lo beva con misura”.La coltivazione della vite è iniziata circa 6.000 anni fa in Medio Oriente ed Egitto. E il vino, da allora sempre presente accanto al cibo, è uno dei più antichi prodotti biotech: la fermentazione, avviata pigiando le uve e lasciando che i microrganismi presenti sugli acini facciano il loro lavoro, rappresenta uno dei primi grandi successi tecnologici dell’umanità. Fin dai primi tempi, sia in Grecia che in Egitto, il vino non era solo una bevanda ma veniva utilizzato anche come sedativo, diuretico, anestetico, anti-anemico, antisettico. Mescolato
con semi di piante e prodotti animali veniva poi usato per la produzione di veri e propri farmaci. E fino all’epoca moderna, vino e birra erano considerati assai più sicuri dell’acqua, che in assenza di sistemi di depurazione era spesso causa di gastroenteriti. Oggi, l’interesse medico-scientifico nei confronti del vino non diminuisce. Anzi. “Molti studi nazionali e internazionali confermano da anni che un uso abituale e moderato di vino a pasto abbia un effetto positivo sulla salute, in particolare sulla riduzione del rischio cardiovascolare e dell’arteriosclerosi”, sostiene Attilio Giacosa, direttore del dipartimento di Gastroenterologia al Policlinico di Monza. Naturalmente è una questione di dosi. E di qualità. “Chi consuma abitualmente le dosi consigliate, attorno ai 20 grammi al giorno di alcol (pari a circa 2-3 bicchieri), sopravvive più a lungo”. Continua Giacosa: “E ha anche un rischio più basso di ictus e di diabete. In tempi più recenti sono emerse interessanti indicazioni anche sui disturbi a carattere neurologico, come le demenze senili. In questo caso parliamo di minor rischio di comparsa della malattia o di una comparsa più tardiva”. Gli effetti benefici sul sistema cardiovascolare sono stati dimostrati negli ultimi venti anni a partire dall’osservazione del cosiddetto “paradosso francese”. Vari studi, infatti, sostengono che il basso numero di malati di cuore nella popolazione francese, che ha una dieta ricca di grassi saturi poco salutari, sia dovuto proprio al consumo regolare di vino ai pasti. L’attenzione, per molto tempo, si è concentrata solo sull’alcol. “Il rischio cardiovascolare associato al consumo di alcol aumenta nell’imniediato e diminuisce nel lungo termine”, spiega Eva Negri, responsabile del Laboratorio di metodi epidemiologici dell’Istituto Mario Negri di Milano. “Ed è chiaro che l’alcol rappresenta, soprattutto per i giovani, un fattore di rischio molto elevato perché induce comportamenti poco responsabili”. I dati ci dicono che gli incidenti stradali associati all’ebbrezza sono una delle prime cause di morte nei giovani e quindi le campagne in favore dell’assoluta astensione dal bere, quando si guida, sono più che giustificate. “Gli effetti benefici di un consumo regolare, quotidiano, integrato nei pasti, si vedono comunque solo dalla mezza età in su - continua Eva Negri - quindi non facciamo certo un invito a iniziare a bere. Ma soprattutto conta il mo do in cui si beve. Il cosiddetto binge drinking,
il bere occasionale e compulsivo, ha i peggiori effetti. Consumare alcol in modo eccessivo, anche se ogni tanto, è deleterio. In alcuni Paesi del Nord Europa e in Russia si sono verificati veri e propri avvelenamenti da vino. Sia per la quantità ingerita, che per la qualità”. Qualità che è fortemente correlata alle sostanze contenute nel vino, oltre all’alcol. Chi ha maggior effetto positivo sulla salute, infatti, sono i polifenoli. “Sono composti già presenti nell’uva e non alterati dal processo di fermentazione”. E aggiunge Giacosa: “Responsabili dell’aroma e del profumo dei vini, sono presenti soprattutto nei rossi anche se recentemente vengono prodotti sempre più vini bianchi lavorati in modo da trattenere queste molecole. Il più famoso è il resveratrolo, oggetto di enorme interesse negli ultimi tempi. Il resveratrolo, prodotto dalla vite come sistema di difesa nei confronti dei parassiti, è diventato il protagonista indiscusso di molte ricerche scientifiche, grazie al potere antiossidante e antinfiammatorio. In un certo senso, funziona in modo simile all’aspirina rendendo
il sangue più fluido e quindi meno soggetto a coagularsi e causare calcificazioni e trombosi. “Ma non è il solo. Ci sono anche gli antociani, responsabili del colore, e i tannini. Tutte sostanze molto importanti - dice Giacosa - ma ovviamente il vino non può essere considerato un farmaco. Bere vino è bere cultura. Ogni vino apre un ricordo rispetto a un territorio, a una comunità. E i suoi sapori e profumi costituiscono quindi una esperienza che si integra con quella degli alimenti. E un utile integratore che fa parte della nostra dieta mediterranea”. E comunque i consumi, negli ultimi decenni, sono fortemente diminuiti. La riduzione sostanziale della quantità di vino pro-capite, sia in Italia che in Francia, ha significato anche un crollo del numero di malati di cirrosi epatica.
E per quanto riguarda il cancro? “Non è il semplice consumo, ma il consumo eccessivo di vino a essere pericoloso”, sostiene David Khayat, presidente dell’Istituto nazionale dei tumori francese nel suo libro La vera dieta anticancro (Mondadori, 2011). Ancora una volta chiama in causa il resveratrolo che a detta sua verrebbe indicato, in diversi studi, come protettivo delle cellule e quindi utile a ridurre il rischio dell’insorgenza di diversi tipi di tumore. “Intendiamoci, il vino non è un anti-cancro. Ma nelle dosi già indicate - spiega ancora Attuo Giacosa - esiste un buon grado di tranquillità in merito al rischio di tumore. Perlomeno per gli uomini. Più attenzione va fatta, invece, nel caso del tumore alla mammella, dove il grado di rischio è più elevato. È una materia in evoluzione, su cui è necessario fare ancora molta ricerca”. Anche per questo, Giacosa assieme a Eva Negri e ad altri esperti, ha fondato l’Osservatorio nazionale sul consumo consapevole del vino, presso il castello di Grinzane Cavour, dove il 25 e 26 novembre si terrà un convegno dal titolo Wine, food and cancer prevention, in collaborazione con la European Cancer Prevention.
Ci sono poi gli effetti sulla salute e sulla bellezza. Alla fine degli anni ‘90 è nata una nuova moda che fa parte della vinoterapia, e consiste nell’uso di prodotti derivati dal vino e dalla vite nei trattamenti estetici. Niente di nuovo, per la verità. Lo facevano gli egizi e i greci, lo raccontava Caterina Sforza nel suo ricettario rinascimentale. In Italia, Paolo Rovestì, uno dei massimi esperti di fitocosmesi, ha pubblicato nel corso del XX secolo centinaia di articoli in merito. Nel 1984, i suoi eredi e collaboratori hanno fondato un istituto a suo nome, che continua le ricerche in fitocosmesi. Ma oggi la vinoterapia è diventata parte della proposta enogastronomica. Grazie ad un'intraprendente imprenditrice francese, Mathilde Cathiard-Thomas, che ha addirittura messo il brevetto sul termine vinothérapie, l'industria cosmetica basata sui derivati del vino è decollata. La stessa Cathiard, autrice con Corinne Pezard di Vinoterapia (Castelvecchi, 2007), ha fondato una casa di produzione che fattura più di 30 milioni di euro l'anno. Perché le proprietà benefiche della vite si possono avere anche in un tubetto di crema o in uno scrub per il corpo. Concentrati, ça va sans dire, e a volte anche riprodotti e imitati attraverso processi di sintesi chimica. La promessa è quella di una pelle giovane e perfetta, grazie all'elevato potere antiossidante dei polifenoli. Un obiettivo ambizioso. Tanto che ci provano da secoli.

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