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Internazionale / International Herald Tribune

I viticoltori turchi guardano all’estero ... In Turchia la produzione di vino ha origini molto antiche. Ma il settore è frenato dal divieto dell’islam sul consumo di alcol. Per il suo rilancio ora si punta sulle esportazioni... La stagione della vendemmia è vicina, e Cern Cetintas provvede con cura alla sua vigna, sperando di produrre un vino che possa essere apprezzato dai palati stranieri. In un mercato difficile come quello turco, infatti, solo le esportazioni possono aiutarlo ad aumentare le sue vendite. “Vedete, la qualità è buona”, dice rigirando tra le mani un grappolo d’uva rossa tempranillo, che ha importato dalla Spagna per arricchire le sue varietà divino. “In questo lavoro non si può forzare la natura, bisogna assecondarla”.
Guardando gli assolati vigneti di Tekirdag, vicino al mar di Marmara, la Turchia sembra un paese in grado di affermarsi come grande produttore di vino. Il problema, spiega Cetintas, è lavorare con i limiti imposti dallo stato. I viticoltori si lamentano del pesante carico fiscale (le imposte sul vino sono di 1,87 euro al litro, quasi quattro volte la media dell’Unione europea) e di un governo, quello guidato dal Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp), ostile al settore. L’Akp è un partito islamista che disapprova il consumo di alcol, e la popolazione turca è in maggioranza musulmana, anche se molti bevono alcolici. “Il settore vitivinicolo potrebbe essere un’importante fonte di valuta straniera”, afferma Cetintas “Ma a causa dell’aumento delle imposte sta cadendo a pezzi” I viticoltori stanno cercando di migliorare l’immagine dei vini turchi all’estero con una campagna promozionale che illustra l’antica storia della vinificazione in Anatolia, dove la civiltà ittita e quella greca producevano vino già migliaia di anni fa. Sotto l’impero ottomano la produzione era in mano alla minoranza cristiana, mentre nella Turchia moderna è stata controllata dallo stato da] 1942 al 2003. Negli ultimi anni i viticoltori turchi si erano concentrati sulle esportazioni di vino di bassa e media qualità. “Ora, invece, la produzione divini pregiati è in crescita e gli stranieri cominciano a essere interessati”, sostiene Taner Ogutoglu, di Fidelity Consultancy, l’azienda che coordina la campagna. “Le imprese turche devono agire unite”. Dieci produttori, aggiunge Ogutoglu, hanno raggiunto un accordo per vendere i loro vini sui mercati internazionali sotto un unico marchio: Anatoljan Wines.
Etichette ufficiali - L’industria vinicola turca ha grandi potenzialità: ha la quarta estensione mondiale di vigneti e presenta delle condizioni di clima e di suolo ideali per la viticoltura. Ha anche un vivace mercato nero, un segnale di salute nonostante le pesanti imposte: l’Associazione degli industriali del vino, infatti, stima una produzione intorno ai 110 milioni di litri, mentre quella denunciata è di appena trenta milioni. Nel tentativo di ridimensionare il mercato nero, le autorità hanno imposto che da novembre si usino solo etichette ufficiali sulle bottiglie. La domanda interna è bassa: il consumo di vino pro capite è di circa un litro all’anno, molto al di sotto dei livelli di altri paesi (in Francia è di 65 litri pro capite). Nel 2005 il valore dei vini dichiarato da circa settanta aziende è stato di 37 milioni di euro. Secondo un rapporto dell’Organizzazione per la pianificazione statale, il settore non è frenato solo dalle imposte, ma anche dalla mancanza di formazione, da campagne promozionali inefficaci e dall’incapacità di competere sui mercati globali. Nel rapporto si denunciano inoltre le restrizioni sulle licenze per la vendita di bevande alcoliche.
Per quanto riguarda le esportazioni, che nel 2005 hanno raggiunto i sei milioni di euro, i viticoltori sottolineano le difficoltà causate dall’identità musulmana della Turchia.
“Il nostro è considerato un paese islamico, non laico”, spiega Hakan Ilkkutlu, responsabile delle vendite del produttore vinicolo Doluta.
Sulle sponde del mar di Marmara, intanto, Cetintas è impegnato nella creazione di una scuola per insegnare le tecniche di vinificazione ai giovani di Tekirdag. Un’iniziativa con cui si cerca di portare l’industria locale a un livello degno della sua importanza storica nello sviluppo del vino. “Questo è il paese in cui è nata l’uva”, spiega il viticoltore. “Questa è la patria del vino”.

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