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Io Donna / Corriere Della Sera

Gourmet in Corsia ... Addio ai soliti piatti da ospedale, tristi e senza sapore. Ora è tempo di pizza, bagna cauda e saltimbocca. Perché, mangiando bene, si guarisce prima... Nel 45 per cento dei pazienti dimessi dagli ospedali italiani si possono riscontrare sintomi di malnutrizione. E almeno il 50 per cento si lamenta per la scarsa qualità delle diete ospedaliere. I motivi? Piatti poco appetitosi, serviti spesso freddi per mancanza di carrelli scaldavivande, e orari dei pasti cadenzati in base alle esigenze organizzative degli ospedali, quindi colazioni servite all’alba e cene all’ora della merenda. Eppure, secondo gli esperti, se il paziente è ben nutrito, si accelera la guarigione: il periodo di degenza si riduce anche del 40 per cento e diminuiscono le possibili complicanze. Molte aziende ospedaliere hanno deciso di tenere conto di queste indicazioni seguendo la strada del gusto, punteggiata da cibi genuini, cucinati a puntino per realizzare piatti caratteristici delle varie regioni. A Genova, per esempio, l’ospedale S. Martino serve in corsia la pasta al pesto.
«Nei nostri menù figurano la pasta e fagioli, l’amatriciana, le scaloppine infarinate al burro, i saltimbocca con prosciutto e salvia» spiega Stefania Del Vescovo, dietista del Forlanini San Camillo di Roma. «Stiamo introducendo anche molti piatti a base di pesce fresco. Naturalmente questa cucina non è diretta a tutti i pazienti: bisogna sempre valutare le diverse patologie».
In Romagna sta avendo successo il progetto “Pizza in corsia” realizzato dalla Asl di Rimini insieme alla Provincia e all’Associazione RiminiPizza. Nei menù ospedalieri di tutta la provincia è stata inserita la pizza - ritenuta dai nutrizionisti un pasto sano, completo e bilanciato - ma preparata con il “metodo Rimini: olio extravergine d’oliva delle colline locali e altri prodotti della zona legati alla stagionalità. Gli ospedali di Rimini, Riccione, Cattolica e Santarcangelo sono stati i primi ad aderire all’iniziativa. «Nel nostro ospedale abbiamo introdotto i “laboratori del gusto per la salute”» spiega Andrea Pezzana, responsabile di Dietologia dell’ospedale San Giovanni-Antica sede di Torino «un’occasione per fare educazione alimentare, presentando ogni mese ai pazienti, ai loro familiari e ai dipendenti prodotti tipici e piatti regionali. Contiamo di inserire presto nei nostri menù quotidiani i piatti presentati nei laboratori come, per esempio, la bagna cauda, i tortellini ripieni di carne o i ravioli di zucca, che sono molto nutrienti e invogliano anche i più inappetenti».
E per i pazienti non italiani? «Cerchiamo di rispettare anche le esigenze alimentari di musulmani o induisti» spiega Maria Grazia Carbonelli, medico dietologo del San Camillo Forlanini di Roma. «Evitiamo così di proporre ai musulmani piatti preparati con carne di maiale o di servire agli induisti frutti di mare, anguille o polipetti: la loro religione permette di mangiare solo pesce con le squame».

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