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Io Donna / Corriere Della Sera

La cantina? È finita nel pozzo ... Da fuori non si vede, Ma dentro la terra si rincorrono labirinti di barricaie, terrazze per la degustazione, volte a botte, ponti sospesi. Il nuovo quartier generale dei marchesi Antinori, nel Chianti, celebra la sintonia di vino e natura. Passando per l’arte ... Due incisioni sottili sul fianco della collina e un manto di filari d’uva che nasconde più di una sorpresa, comprese le opere a grande scala di due protagonisti dell’arte contemporanea. Il nuovo quartier generale nel Chianti della famiglia Antinori - cinque secoli di aristocrazia del vino - è stato inaugurato due giorni fa a Bargino, nel Comune di San Casciano Val di Pesa. E a differenza di molte cantine d’autore, fa notizia con l’understatement: arte e architettura, da fuori, non si notano. Perché l’edificio si confronta direttamente con il paesaggio ed è totalmente in armonia con la natura, concepito non per essere visto ma per vedere. Di fatto è un frammento di collina, un pezzo di Chianti. Barricaia, bottaia, cantina di fermentazione, uffici, ristorante, bottega, libreria, auditorium. Ma anche strade d’accesso, aree di parcheggio, magazzini e altri spazi tipici di un’area industriale. Tutto è nascosto. Un labirinto sotterraneo di volumi sinuosi, terrazze per la degustazione, ponti sospesi a pochi metri dai tini, volte a botte dal sapore chiesastico che esaltano la sacralità del vino. Si vinifica per gravità, o a caduta, cioè sfruttando i salti di quota, con le uve che calano dall’alto nelle barrique senza bisogno di pompe meccaniche. Naturale anche il sistema di raffreddamento per affinare il vino: è frutto della terra e non di impianti di refrigerazione, come al tempo dei Medici. Per costruire questa macchina perfetta a basso impatto ambientale sono serviti scavi profondi venti metri e sei anni di lavori, compreso uno di pausa per aspettare che la terra riposasse.
Oltre che nell’architettura, Piero Antinori e la famiglia hanno investito nell’arte. Vinattieri da cinque secoli e collezionisti da sempre, hanno deciso di creare all’interno della tenuta un museo atipico. Sarà aperto al pubblico da febbraio 2013, e accanto a parte della collezione storica di Palazzo Antinori, periodicamente riallestita, raccoglierà opere commissionate a protagonisti dell’arte contemporanea. “Abbiamo cercato una formula che unisse memoria e innovazione” spiega Alessia Antinori, la più giovane delle tre figlie di Piero. “Oltre a rispecchiare le 26 generazioni passate, il museo fa i conti con quelle presenti e future. In quest’ottica, si è deciso di far seguire la parte storica a una curatrice contemporanea, chiedendole anche di selezionare artisti di oggi che possano farsi interpreti della nostra storia di famiglia”. La scelta è caduta su Chiara Pa- risi, direttrice dei programmi culturali della Monnaie de Paris, la Zecca francese, che investe su eventi e mostre d’arte. “Volevamo un’italiana con esperienza internazionale” sottolinea Alessia Antinori. “La scelta è caduta su Chiara perché è una curatrice di altissimo livello e per sette anni ha diretto il Centre International d’Art et du Paysage dell’isola di Vassivière, lavorando proprio sull’arte in relazione alla natura e al paesaggio”. Gli artisti finora selezionati sono tre. L’italiana Rosa Barba, il francese Jean Baptiste Decavèl e Yona Friedman, classe 1923, ungherese naturalizzato francese, il profeta del nomadismo e delle megastrutture. Per l’occasione, ha riprodotto nel Chianti la sua Iconostase, un’architettura abitabile perimetrata solo da grandi anelli. In un altro cortile a cielo aperto, Rosa Barba ha installato un enorme orologio solare. L’opera di Decavèl, film-maker e storico collaboratore di Friedman, è invece un film muto che racconta la famiglia e gli oggetti custoditi nel suo palazzo fiorentino in pietra forte, sede storica dell’azienda. “Tutti e tre gli artisti rispondono all’architettura e mettono in luce aspetti importanti di una famiglia antica ma contemporanea” precisa Chiara Parisi. “Dal rapporto con il passato, che qui è vita quotidiana, a quello con il territorio. L’opera di Yona, un’architettura inventata ma praticabile, rimanda immediatamente al paesaggio. Rosa entra in rapporto col tempo. E il film di Jean Baptiste svela l’entourage del palazzo”. Al di là delle opere, l’entusiasmo di Parisi è per la committenza: “La cosa interessante e molto bella del progetto è la nascita e la presenza di un nuovo mécène dell’arte contemporanea. In questo senso la famiglia Antinori sta facendo un lavoro eccezionale”.

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