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ITALIA OGGI

Turismo del vino: serve una svolta ... In un convegno a Vinitaly i limiti nella crescita del comparto e le soluzioni per il suo rilancio
Per fornire più qualità e servizi in azienda e sul territorio... Il turismo del vino è ormai più di una nicchia nel grande calderone del turismo nazionale. Si stimano 3,5 milioni di persone che, a vario titolo,- si muovono per visitare cantine e degustare i prodotti del territorio, con un giro d’affari stimato in 2,5 miliardi di euro. Di queste, ben 1 milione si muove nell’ambito di Cantine aperte, la manifestazione nazionale organizzata dal Movimento turismo del vino e creata armi fa da Donatella Cinelli Colombini, che mette a diretto contatto gli enoturisti con i produttori. Quest’anno la manifestazione si svolgerà il 27 maggio e aprirà centinaia di cantine in tutta Italia.
Il boom dell’enoturismo continua dunque a crescere; ora, tuttavia, i territori e i produttori più attenti hanno compreso che occorre strutturare questi flussi, non solo sul lato, della domanda, ma soprattutto sul lato dell’offerta. Sono ancora troppe le carenze nei servizi, nei trasporti, nell’accoglienza: tutte criticità che rischiano di bloccare un fenomeno, che ogni anno attrae anche un numero crescente di enoturisti stranieri.
Proprio per capire che cosa fare, il Movimento del turismo del vino, oggi presieduto da Chiara Lungarotti, ha realizzato un convegno a Vinitaly, in cui si sono confrontati ricercatori, amministratori, produttori, operatori turistici. Innanzitutto spicca un elemento di carattere generale: l’enoturista, che spesso si sovrappone al turista verde, non ha un’alta fidelizzazione, perché ama conoscere sempre nuove realtà, usa molto internet per documentarsi, si muove grazie al passaparola e non utilizza che in minima parte le agenzia di viaggio (2%); quantificare flussi precisi, come ha ricordato Andrea Cimenti, a.d. di Acqua, società che ha condotto una ricerca sul settore, è difficile, perché, per esempio, molti enoturisti programmano lo spostamento di un solo giorno, senza pernottamenti.
Come deve porsi quindi il territorio di fronte all’enoturista? La risposta è venuta sia da Cimenti sia da Valentina Valentini, presidente dell’associazione delle Città del vino. Occorre una, seria politica del e sul territorio, per rendere interconnesse le varie realtà che vi operano. “Su 120 Strade del vino”, ha ricordato Valentini, “solo 20 funzionano molto bene, altre 20 abbastanza bene, il resto esiste pressoché sulla carta e, al massimo, si manifesta con generici cartelli stradali”.
Chi ha saputo fare sistema ha visto crescere fortemente l’economia del territorio: ciò ha significato far parlare tutti i soggetti produttivi e metterli a regime; dalle cantine agli artigiani, dai ristoratori agli albergatori, dal comuni alle amministrazioni provinciali, ai musei, Ciò che soprattutto manca, ha lamentato Valentini, «sono i finanziamenti pubblici per supportare i sistemi virtuosi. Le 40 Strade del vino che funzionano ricevono annualmente contributi per 60mila euro, una goccia nel mare; serve dunque un salto di qualità per ampliare l’offerta nazionale e per questo, a breve, vi sarà un incontro specifico a Roma con il vice premier Francesco Rutelli”.
Non bastano però soldi e strategie; occorre monitorare costantemente il mutare delle necessità dell’enoturista. Secondo Alessandro Regoli, ideatore di Winenews.it, il più importante portale sul mondo del vino italiano, oggi l’enoturista si è sdoppiato: da un lato c’è il “turista del buon vivere”, dall’altro “l’innamorato del vino”. Soprattutto, per il secondo i vigneron di casa nostra dovrebbero rivedere alla radice la loro filosofia di accoglienza.
Molti produttori, quasi sempre quelli di più grandi dimensioni, stanno già lavorando in questa direzione, come ha testimoniato Albiera Antinori, che ha presentato il progetto Bargino, in corso di realizzazione a San Casciano Val di Pesa, un ulteriore passo in avanti nel dialogo con il consumatore, avviato già nel 1957. Questa resta però un’esperienza ancora rara sul territorio, al contrario di quanto avviene in Francia. La Route de Champagne, nata nel 1953, come ha spiegato l’esperto di marketing territoriale Jean Louis Murcia, ha fatto molto per attrarre turisti: dal 10 giugno, per esempio, a Reims arriverà il Tgv e la capitale delle bollicine sarà a tre ore di treno da mezza Europa (il 33% degli enoturisti è straniero).
Gli operatori sono tra i soggetti che più dovrebbero impegnarsi per fornire servizi di qualità agli enoturisti. In primis gli albergatori e i ristoratori, ma anche il turismo organizzato, che invece è praticamente assente da questa importante fetta del mercato turistico. Qualcosa si sta però muovendo, come ha testimoniato Giorgio Boscolo, presidente di Boscolo tours, t.o. che sta predisponendo proposte per il turismo di nicchia, tra cui l’enoturismo, che veicolerà attraverso più canali, quello tradizionale delle agenzie e poi web, voice, tv, cellulari.
Insomma, il mondo del turismo si sta accorgendo, forse con ritardo, che il fenomeno enologia va cavalcato, organizzato, strutturato, reso di qualità in tutti i soggetti della filiera. Solo superando le resistenze di categoria e la mancanza di dialogo tra soggetti i territori potranno sviluppare una coerente e vincente politica enoturistica, così come la intende il Movimento turismo del vino. In questo, Chiara Lungarotti non ha avuto peli sulla lingua. La sfida è importante e difficile: ma solo con questo impegno corale ampi territori vocati potranno essere soggetti propositivi di un fenomeno in costante crescita. Altrimenti, divisi da invidie e incomprensioni, saranno destinati a un’inevitabile marginalizzazione.

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