Sul mercato dei vini fermi (che nonostante l’ascesa impetuosa degli spumanti continuano ad essere la gran parte del business del vino: 293,5 miliardi di dollari il valore al consumo stiamato nel 2024, su 353,4 miliardi, secondo Statista) nel 2025 continuerà a pesare l’inflazione, che, se mostra qualche segno di rallentamento in alcuni mercati occidentali, vede il costo della vita continuare a salire in mercati come il Giappone e dell’area Asia-Pacifico più in generale. Inoltre, il fatto che soprattutto tra i più giovani il consumo moderato sia sempre più socialmente apprezzato, potrebbe rappresentare una spinta alla crescita sia dei prodotti premium, che dei vini “no & low alcol”, che stanno crescendo anche in qualità. Ma alle viste ci sono anche altre incognite, come quello che succederà con la riforma delle imposte sugli alcolici nel Regno Unito, che dovrebbe entrare a regime da febbario 2025, con le politiche che Trump vorrà attuare negli Stati Uniti, il primo mercato del vino al mondo, dove si temono nuovi dazi, ma anche dalle evoluzioni nei diversi conflitti ancora aperti in Medio Oriente e in Ucraina. È lo scenario tracciato da Iwsr-International Wine & Spirits Research, che sintetizza anche le conclusioni dell’analisi di 10 anni di dati raccolti. E che evidenziano come sono cambiati in questi anni i mercati più attrattivi per i vini fermi, con una sola sostanziale certezza: gli Stati Uniti, stabilmente al n. 1 di questa peculiare classifica, ininterrottamente, dal 2015 al 2024. Anche nel periodo che ha visto i dazi su gran parte della produzione Ue, Italia esclusa, introdotti da Donald Trump, e di cui molti temono un ritorno dopo che il rieletto Presidente degli Stati Uniti si sarà insediato alla Casa Bianca.
Guardando alla classifica relativa al 2024, in particolare, al top sono rimasti come detto gli Stati Uniti, seguiti dal Canada e dalla Svizzera, al n. 3 ormai dal 2022. Al n. 4 cresce la Norvegia, mentre, al n. 5, a sorpresa, ci sono gli Emirati Arabi Uniti (con un consumo chiaramente legato soprattutto al turismo d’affari dell’area), davanti alla Danimarca, all’Australia, alla Corea del Sud, alla Svezia e al Regno Unito, che chiude la “top 10”. In maniera un po’ sorprendente, come stupisce, del resto, vedere la Germania solo alla posizione n. 12, tallonata dal Giappone al n. 13. Due mercati, non a caso, dove nell’ultimo anno, inflazione e crisi economica si sono fatti sentire più che in passato. Guardando al vino fermo in particolare, non sorprende il crollo della Cina, stabilmente tra la sesta e la quarta posizione tra i mercati più attrattivi per i vini fermi tra il 2015 ed il 2020, poi precipitata dopo il Covid, e ora appena alla posizione n. 17, complice un’economia, quella del Dragone, che non cresce più alla velocità vertiginosa di qualche anno fa.
Un quadro complessivo, spiega Iwsr, legato a dieci anni di grandi cambiamenti, con alcune dinamiche preponderanti. Da un lato l’inflazione, in crescita da diversi anni, e “uno dei fattori chiave che hanno plasmato i settori globale delle bevande alcoliche e dell’ospitalità. L’impatto dell’inflazione, che rappresenta una riduzione fondamentale del potere d’acquisto delle famiglie, continuerà a plasmare le preferenze, la spesa e la domanda di vino in tutto il mondo”. Ancora, si registra un impatto di lunga durata della pandemia sul settore Horeca: “con l’aumento dei costi operativi e dei prezzi nell’Horeca, la ripresa attesa non si è concretizzata, in particolare per i locali notturni. Tuttavia, l’emergere di occasioni di consumo meno formali, in prima serata, ha fornito un’opportunità diversa per i consumo di vino”. Ovviamente, non manca un passaggio sul cambiamento complessivo delle abitudini di consumo: “la moderazione, guidata sia dalla crescente consapevolezza sulla salute, che dall’aumento del costo della vita a livello globale, ha visto il consumo di vino continuare a diminuire, in particolare tra i consumatori più giovani in età legale per bere. Il consumo moderato di alcol è sempre più accettato socialmente e lo “stigma” intorno al non bere sta iniziando a diminuire in molti mercati”, spiega l’Iwsr.
Molto, chiaramente, dipende anche dal contesto commerciale, e da come viene influenzato dalla politica: “le tariffe e le modifiche alle accise sugli alcolici hanno rivoluzionato le dinamiche di mercato. L’introduzione di una nuova imposta sugli alcolici nel Regno Unito nell’agosto 2023 ha visto numerosi marchi scegliere di abbassare il grado alcolico dei loro vini o lanciare nuovi prodotti “di media gradazione”. Nel frattempo, i dazi cinesi imposti sul vino australiano sono durati oltre tre anni, per concludersi nel marzo 2024”, sottolinea ancora Iwsr. Che lancia lo sguardo sul passato più recente, in vista di un futuro prossimo tutto da scrivere, e con pochissime certezze per il settore. Che però, come ricordato, tra gli altri, a WineNews, da un decano e pioniere del settore come Piero Antinori, presidente onorario Marchesi Antinori, ha superato tante crisi e cambiamenti nelle varie epoche della storia e di certo, cambierà, e si adatterà al mondo che verrà, ma non scomparirà.
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