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L'espresso

Si bevono i soldi ... Certe bottiglie sono indicatori di ricchezza. Ma saper scegliere un vino è un’altra cosa… Lusso non è uguale a eleganza. Il lusso si compra, l’eleganza no. Ed è piuttosto raro vedere marciare a braccetto lusso ed eleganza autentici. Un formidabile banco di prova è il ristorante, naturalmente da un certo livello e da un certo tono in su. Può sembrare caricaturale - però i ristoratori lo confermano - ma ci sono clienti che pare facciano le loro scelte dalle carte dei cibi e dei vini partendo dalla colonna di destra, cioè dai prezzi: più il piatto o la bottiglia sono costosi, più forte è la spinta a richiederli. Non solo e non tanto per ostentazione, quanto per la curiosità se non per il brivido di permettersi - anche in quantità ragguardevoli - ciò che la gente normale forse non assaggerà mai nella vita. Perché, altrimenti, crescerebbero vistosamente, come stanno ininterrottamente crescendo da anni, i consumi e quindi i prezzi del caviale iraniano (e dietro questo, di tutti gli altri meno pregiati), di aragoste, di tartufi bianchi e neri, di tonno rosso, di carni pregiate, di frutti esotici?
Emblematico è il caso dei vini importanti: al Louis XV di Montecarlo, pochi mesi fa, ho assistito al tavolo a fianco al mio a una sorta d’inverosimile degustazione verticale (cioè di più annate di uno stesso vino) di sette bottiglie di Pétrus, il vino più caro del mondo dopo Romanée Conti, da parte di un ilare e corpulento cinquantenne russo accompagnato da una stanga bionda sui 25 anni, con spacco ascellare del vestito da sera. li sommelier faceva il suo mestiere e sorrideva a denti stretti, ma di tanto in tanto si voltava verso di me con sguardo affranto. Io fremevo d’indignazione (e d’invidia) nel vedere assaggiare dai due poco più di mezzo bicchiere da ogni bottiglia, con lo stesso interesse e trasporto che avrebbero potuto dedicare a una gazosa. Per la cronaca: conto di 58 mila euro, più 1200 euro di cibi. In due.
Ormai è una case history quella dei consumi di Champagne in generale e soprattutto della fascia top, cioè delle bottiglie da 200 a mille euro (in enoteca, attenzione, non al ristorante, dove i coefficienti di moltiplicazione come minimo raddoppiano questi prezzi). Ebbene, lo Champagne va a gonfie vele in tutto il mondo, i consumi tirano, i prezzi tengono nella fascia bassa e media ma sono in tensione nella fascia più alta, dove la domanda cresce. Krug con i suoi gioielli è in perenne rottura di stock anche perché non intende superare la soglia storica di 500- 550 mila bottiglie l’anno; il Clos du Mesnil 1996, appena uscito in 8.607 bottiglie e 602 magnum per tutto il mondo, è già diventato cristallo di culto per la quale gli appassionati sono disposti a far follie. Dom Pérignon, impressionante per la costante eccellenza delle svariate centinaia di migliaia di bottiglie che per ogni millesimo sfodera, ai primi di luglio ha lanciato il suo prezioso Oenothèque 1993 (che si fa solo nelle annate eccezionali) con una fantasmagorica festa a Parigi, a casa di Karl Lagerfeld, autore fotografico delle “metamorfosi” di Claudia Schiffer, testimonial dell’Oenochèque; lusso, sicuro, ma con eleganza.
Veuve Clicquot ha presentato in primavera le edizioni 1998 de La Grande Dame e della Grande Dame Rosé, bottiglie di straordinaria piacevolezza racchiuse in un recentissimo cofanetto nero griffato. Per non dire di Roederer, Perrier Jouet, Ruinart, dell’eccellente e meno noto Jacquesson, delle introvabili, quasi virtuali, 600-700 bottiglie di Salon che arrivano in Italia nei rari anni in cui è prodotto… Roba da intenditori e appassionati, soprattutto roba da ricchi.

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