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L'espresso

Il folletto Ceronetti ... Come il Pollicino della fiaba lascia sul terreno minuzzoli di pane per ritrovare la strada di casa, Guido Ceronetti dissemina tracce in forma di lettere e cartoline agli amici vicini e lontani per costruirsi una privata geografia sentimentale, il focolare degli affetti insidiato dalle apocalissi quotidiane. “Non c’è solitudine che la lettera non consoli”, dice dall’alto delle almeno 30 mila missive spedite in più di mezzo secolo, talvolta consegnate personalmente - odia le cassette postali - alla stupefatta impiegata delle poste.
Dal Fondo custodito alla Biblioteca Cantonale di Lugano emerge un mosaico epistolare 1968-1972 ritagliato nella decennale corrispondenza con Arturo Bersano, un filosofo naturale: figlio del macellaio di Nizza Monferrato, laurea in legge, rappresentante di vini, poi viticultore di gran livello. Il carteggio “Due cuori una vigna” (il notes magico, pp. 179, € 13, prefazione affettuosa di Ernesto Ferrero) pubblica appena cinque lettere firmate da lui. Peccato.
Si parla ovviamente del suo vino, graditissimo al fluviale erudito e all’altra metà della coppia, Erica Tedeschi, illustratrice di grazia “naive” delle lettere a Bersano, delle etichette per le sue bottiglie, dei burattini per il Teatro dei Sensibili che Guido giostrava dinanzi a un pubblico eletto (Montale per esempio). Ilare e cupo il folletto vegetariano denuncia lo “sporcamento chimico” del cibo; esecra “i pisciosi asparagi” e il parmigiano ormai “trattato con un idrocarburo”; lamenta il superlavoro per editori e giornali, i pochi quattrini, l’esosità del fisco; detesta il filosofo Abbagnano (“Un vero cretino”) e Pasolini (“Un imbecille volgare”). Ma il suo catalogo degli orrori non finisce qui.

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