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L'espresso

Com’e verde la mia Expo ... Un’esposizione diversa che fa della sobrietà virtù grazie a strutture leggere. E mette al centro il rapporto con la natura. Ecco l’intervento di uno degli ideatori... Il piano generale per l’Expo 2015 di Milano ha in sé tutto quello che può diventare il simbolo di una nuova epoca. Le grandi opere che sono state tramandate ai posteri con le edizioni del ‘900, dalla Tour Eiffel in avanti, rappresentavano bene l’immagine di un secolo che aveva fatto della macchina, dell’industria e della scienza i modelli su cui fondare e disegnare l’esistenza dell’uomo. Oggi non può più essere così, il modello è superato per palese insostenibilità e oggettiva stanchezza, e con esso si sono superate le sue simbologie. Il XXI secolo ci pone interrogativi di più ampia portata, ci riporta per certi versi al nocciolo delle nostre vite, ci fa ridiscutere il rapporto con la Natura e con il cibo, ci fa per forza di cose rallentare in quella corsa scapicollata alla produzione che, lo stiamo comprendendo, ha confuso per troppo tempo frenesia con vera efficienza. “Nutrire il Pianeta, energia per la vita”, il tema dell’Expo, è argomento sconfinato, che ci chiama innanzi tutto a profonde riflessioni prima ancora che alla realizzazione di grandi opere: è il tema del nuovo secolo. Per affrontarlo in un’Expo ci voleva qualcosa di radicalmente diverso, un luogo che desse spazio tanto alla tangibilità estrema dell’agricoltura e del cibo, il nutrimento materiale; quanto alla circolazione d’idee, il dialogo tra diversi approcci all’esistenza, il confronto sul piano di un nutrimento molto più immateriale. Il progetto dell’area che ospiterà l’Expo mi sembra possa rispondere bene a queste nuove esigenze, è tanto innovativo perché dà la corretta interpretazione di che cosa deve essere un’esposizione universale oggi, su temi assolutamente centrali per il futuro. Lo spazio è modulato tra il verde produttivo e dei vuoti ospitali, che andranno riempiti con idee, suggestioni, riflessioni dei protagonisti, di chi converrà e porterà la propria visione e il proprio vissuto. Nutrire con il cibo e nutrire con le idee. Non più macchine, non più mirabolanti invenzioni che magnificano la potenza della ragione: il cibo, l’agricoltura, la terra e come comportarsi in loro relazione, traendo spunto dalla diversità delle culture del mondo. La ragione che non pretende più di spiegare tutto ma che si fida delle connessioni nascoste, dei continui miracoli che la Natura ci offre e li usa consapevolmente, ne fa virtuosismo. È davvero una grande occasione, in un luogo che deve essere la rappresentazione di quelle che poi saranno le voci che lo popoleranno nel 2015: sostenibilità, sobrietà, un nuovo umanesimo per una riconciliazione con la Terra. L’opportunità è anche quella di mostrare al mondo come si può reinventare il rapporto tra città e campagna, nodo centrale per il nutrimento del Pianeta. L’area espositiva dovrà quindi essere interattiva con l’importante sistema verde che sta attorno a Milano. Da qui al 2015 le aree agricole che circondano la città, come il Parco agricolo Sud e le tante cascine che punteggiano il paesaggio, dovranno essere coinvolte in un progetto mirato a ricostruire il rapporto con la città, a nutrire la città, sperimentando o riscoprendo un’agricoltura pulita, ricca di diversità e di gusto. Un’agricoltura di prossimità, al servizio dei cittadini non solo per quanto riguarda forniture sufficienti di cibo fresco e buono, ma anche attraverso un ambiente integro, fruibile e produttivo appena fuori il grigiore del cemento. La vera sfida da qui al 2015 è questa: 5 anni in cui non soltanto dovrà andare avanti il piano generale dell’area espositiva appena presentato, ma anche le connessioni tra la città e la sua cintura verde, per restituire a Milano un’agricoltura prospera e funzionale, che possa far diventare il capoluogo lombardo un modello per tutte quelle metropoli del mondo che stanno crescendo a ritmi impressionanti e che si chiedono quali saranno le vie sostenibili per il sostentamento, l’energia, la vera qualità della vita dei propri abitanti. Siamo di fronte a qualcosa di molto ambizioso, qualcosa di molto complesso che è tutto meno che - come si è paventato vista l’assenza di una nuova Tour Eiffel - un ridimensionamento dell’Expo. Anzi: l’utilizzo di strutture leggere, che si potranno spostare e rimuovere per lasciare spazio al verde è un inno alla sobrietà in tempi di crisi e di fronte al tema delicato di un Pianeta che oggi, pur producendo cibo a sufficienza per 12 miliardi di persone non riesce ad alimentare un miliardo di esseri viventi alle prese con fame e malnutrizione. È però necessario sottolineare che la sobrietà del progetto generale non è dettata soltanto dal periodo difficile che stiamo attraversando o dal buon gusto di non prendere a schiaffi la povertà che affligge così tante persone. La sobrietà è uno dei principi fondanti del nuovo umanesimo che è diventato imprescindibile e che, si spera, entrerà nei padiglioni dell’Expo. Padiglioni pensati per accogliere chi vorrà venire a fare non soltanto il turista, ma vorrà partecipare attivamente, discutere, parlare, portare idee utili ai giovani e alle future generazioni per riconciliarsi con la Terra attraverso i propri comportamenti, stili di vita, modi di produrre. Attraverso una sostenibilità che è davvero praticabile, e che non è per niente difficile o frustrante. È una sostenibilità piacevole come il cibo prodotto in stagione appena fuori città, divertente e appagante come i rapporti umani che si instaurano in una comunità rinata attorno a obiettivi comuni un po’ più alti del mero - e privatissimo - profitto. Milano, che a partire dagli anni ‘80 è diventata un po’ il simbolo italiano della fast life, avrà l’occasione di mostrare al mondo una nuova via che non è fatta di rinunce o privazioni, ma di vera innovazione e di grande apertura. Nel XXI secolo non è più necessario esporre soltanto gli oggetti e i beni di consumo. Abbiamo consumato troppo, perfino la Terra su cui camminiamo e l’aria che respiriamo: è ora di esporre le idee per una rinascita e di ritrovare il nostro posto che, contrariamente a quanto abbiamo pensato fino ad oggi, non è al di fuori della Natura, ma dentro di essa, in piena sintonia.

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