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L'espresso

Bacco è nudo ... Finito il tempo dei vini-trofeo comincia quello dei vini veri. Meno teatrali. Più facili da bere. E pronti a cogliere la sfida dei produttori emergenti... Vini d’Italia 2009... La sbornia è passata. E persino Bacco rinuncia agli eccessi. Dopo anni di travestimenti, di ammiccamenti, di ambizioni internazionali, il vino, che è liquido, vivo, e perciò sensibile allo Zeitgeist, dice addio ad atteggiamenti ruffiani o all’aria spocchiosa da status symbol. E torna coi piedi per terra. In cerca di naturalezza, di trasparenza, di affidabilità. Complici, autentici, piacevoli da bere sono i vini selezionati dalla nona edizione della guida “I Vini d’Italia 2009” de L’espresso: annuale fotografia dell’olimpo vinicolo italiano. E dello stile dei tempi. Un viaggio lungo 20 mila assaggi, 10 mila vini selezionati, 2520 produttori schedati, regione per regione. Poderosa rassegna che premia i vini dell’eccellenza con un punteggio espresso in bottiglie e i produttori con le stelle, in funzione della loro qualità e della loro continuità negli anni: nell’ultima edizione una costellazione da 14 cantine. “La lezione più chiara di questo percorso è che è obbligatorio per tutti, e lo sarà sempre di più in futuro, fare vini di qualità: tecnicamente ineccepibili, anche a scapito della territorialità ”, nota Enzo Vizzari, direttore delle Guide L’espresso: perché è il mercato mondiale lo scenario di riferimento. E lì il confronto è ormai durissimo: con vini cileni, sudafricani, australiani, tecnicamente perfetti, posti a prezzi quasi imbattibili. “La crisi ha cambiato i consumi”, continua Vizzari: “Non si rinuncia al vino, ma si privilegia quello meno costoso. Chi ne fa le spese? I paesi del Vecchio Mondo, che devono assistere a crescite impressionanti dell’export dell’Australia (più 60,8 per cento, al primo posto nel mercato nordamericano), del Cile (più 134 per cento), dell’Argentina (più 28,5 percento), della Nuova Zelanda (più 20,3 per cento). La sfida è difficilissima ma va colta: ci sono, e resteranno, a dispetto di uno spazio di mercato più limitato, vini di altissima qualità. Ma è richiesto a tutti gli altri vini, nella loro categoria di appartenenza, uno sforzo maggiore per raggiungere una precisa identità stilistica”. E i riconoscimenti arrivano. A Lambrusco, Santa Maddalena, Frappato inclusi: tipologie considerate “minori”, che la Guida spedisce, senza pregiudizi, tra i vini dell’eccellenza: perché più complessi delle apparenze. Almeno per chi è in grado di aprire gli occhi, la mente. E, naturalmente, le papille gustative. “Perché non tutti i vitigni internazionali, Chardonnay, Merlot, Cabernet sono da buttare via. Ma neppure tutti i vitigni autoctoni, magari macerati per decenni in orci di terracotta, sono da osannare”, nota Fabio Rizzari, curatore, con Ernesto Gentili, della Guida (vino.blogautore.espresso.repubblica.it): “Si torna ad alleggerire i toni, sia al nord che al sud. E trova conferma un trend iniziato già da tempo ma quest’anno esploso in mondo evidente: la perdita di teatralità. E la ricerca di immediatezza”. Come quella resa da un insolito marzemino. Da un inaspettato Cesanese del Piglio. O, finalmente, dall’ottima annata per i Chianti classici. “La crisi può essere l’occasione per ripulire le cantine e gli scaffali da vini troppo banali, concentrati, troppo molli e soprattutto troppo costosi”, osserva Gentili: “Un’occasione per riconquistare i bevitori di tutti i giorni con vini di onesta piacevolezza, senza puntare tutto sui “premium wines”, gioielli - e qualche volta bigiotteria - destinati al consumo di nicchia”. Il numero maggiore di premi va, anche quest’anno, ai vini piemontesi: non solo a Barbaresco e Barbera, ma anche Gattinara e Carema, Dolcetto e Gavi. “È una crescita costante ormai da anni”, sottolinea Vizzari: “C’è, narurahnente, l’effetto annata. Ma il merito va anche a brave cantine in grado di produrre vini di qualità eccelsa a prezzi molto competitivi”. Proprio a un vino piemontese è andato il voto più alto dell’anno, 19,5 ventesimi, un soffio dalla perfezione: il Barolo Monprivato Cà d’Morissio Riserva 2001. Seguono i vini toscani che, dopo aver esagerato con la vena internazionale, a scapito della qualità e dell’identità, recuperano quest’anno punteggio: 43 i vini premiati, rispetto ai 25 del 2008. Risultati molto lusinghieri ottengono i vini del Chianti classico; buone anche le prove del Montalcino, con i Brunello 2004. O il Rosso di Montalcino e la Vernaccia di San Gimignano. Il Trentino-Alto Adige resta al terzo posto, con 25 vini di prima fascia. Segue la Campania, regione al top per il Sud, con 13 “Eccellenze”. E la Sicilia le tiene il fiato addosso: 12 i vini da cinque bottiglie. “Per anni questa regione ha inseguito un gusto internazionale. Ora, invece, ottiene un notevole successo grazie ai suoi vitigni autoctoni, dal Nero d’Avola al Catarratto, dal Frappato al Nerello mascalese dell’Etna, vero vitigno nobile siciliano. Una moda da tenere a freno: il rischio è di scivolare nella produzione di vini sull’Etna e non dell’Etna ”, dice Vizzari. Arricchiscono il catalogo tipologie tradizionali come il Moscato di Pantelleria e il Marsala. Undici i vini eccellenti del Friuli Venezia-Giulia: vini di forte personalità, di sorprendente temperamento. Un nome su tutti: lo Schioppettino. Ma non ci sono solo i primi della classe, nella Guida edita da L’espresso. Anzi, una classifica tra le più interessanti per i lettori è quella dedicata agli Outsider: vini che si sono distinti negli assaggi, pur senza raggiungere l’eccellenza. Vini da tenere d’occhio: anche per il loro ottimo rapporto qualità-prezzo. Elemento cruciale nella scelta che, non a caso, sta facendo occupare spazi più significativi al Prosecco: vino semplice, poco costoso, ideale accompagnatore di menu low cost. In crescita è tutto il settore degli spumanti: tra Trento, Franciacorta e Oltrepò pavese, sono otto i premi assegnati. A bollicine dalla missione scontata e preziosa: mettere buon umore.

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