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L'espresso

Bollicine da 18 carati ... Le grandi maison dello Champagne reagiscono alla crisi. E puntano alla qualità estrema. Con cuvée speciali... La riscossa dello Champagne comincia dalle grandi maison. Mai come quest’anno sono impegnate nella promozione delle loro cuvée speciali, cui è affidato il compito di rilanciare l’immagine alta dello Champagne rispetto al mare di bollicine che ormai da ogni parte del mondo invadono il mercato. I numeri sono crudi: nel 2009 le vendite sono scese a 270 milioni di bottiglie (stimate), al livello del 2002, dopo il record toccato nel 2007 con 340 milioni. Con inevitabili ripercussioni e gravi tensioni fra vigneron e produttori, che hanno costretto il Civc, il Comitato Interprofessionale dei Vini di Champagne, a un delicato ma deciso intervento di mediazione per salvaguardare gli equilibri e l’armonia fra le diverse componenti della famiglia champenoise. Della situazione approfittano i produttori di bollicine varie, e spesso di bassa qualità e di basso prezzo. Vistosa e, nazionalismi a parte, anche un po’ spregiudicata, la marcia trionfale dell’Italia che proclama l’avvenuto sorpasso rispetto alla Francia: in effetti, se si sommano le vendite di Prosecco e di Asti di identità e origine definita, a quelle di spumanti vari e oscuri e a quelle delle zone classiche (Franciacorta, Trentino, Oltrepò Pavese), si arriva a quasi 330 milioni di bottiglie. Ma ha senso, al di là della propaganda, mettere nello stesso paniere una bottiglia da 2,50 euro di un vino frizzante non garantito da nessuno e una bottiglia dì Franciacorta Anna Maria Clementi di Ca’ del Bosco? O addirittura un Dom Pérignon? Infatti proprio sulla “differenza”, sul prestigio, puntano le grandi maison per riconquistare le quote di mercato perdute. E pongono particolare impegno innanzitutto nel lancio delle “cuvée de prestige”, sui gioielli di famiglia, per far da traino ai milioni di bottiglie delle cuvée di base. Dom Pérignon, lanciando il millesimo 2000, presenta orgogliosamente il manifesto della propria identità firmato da Richard Geoffroy, il mago riconosciuto che da vent’anni seleziona e crea la bottiglia forse più conosciuta del mondo. Non è da meno Ruinart che per festeggiare il cinquantesimo anniversario della cuvée Dom Ruinart, ha organizzato nei giorni scorsi una degustazione esclusiva delle 18 migliori annate della sua storia. E mentre il gruppo Pommery-Vranken, secondo soltanto a Lvmh per dimensioni, crea addirittura una sua filiale italiana per sostenere il lancio del Brut Pommery Noir, Mumm conferma la sponsorship con la scuderia Brawn Gp di Richard Branson e presenta il Mumm Kit F1-Limited Edition, in vendita a 5 mila euro. Meno clamoroso ma molto apprezzato dagli intenditori il lancio dell’eccellente Blanc de Blancs 1996 di Bruno Paillard, con etichetta di Sandro Chia, poco più di 7 mila bottiglie al costo di meno di 100 euro che testimoniano la costanza dell’alta qualità della produzione Paillard. Competizione sempre più aspra, quindi, con focus particolare in Italia, quarto mercato nel mondo per volumi e terzo per valore.

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