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L'espresso

Sua maestà il Barolo ... Speciale Vini 2011... È il prodotto più premiato dalla nuova Guida
dell’“Espresso”. Che ha selezionato diecimila etichette. Tante novità. E voglia di bere facile... Il destino del vino? Somigliare alla Coca-Cola. L’ha appena sostenuto il potente winemaker Michel Rolland, con puro gusto dell’oltraggio, a Bordeaux: dove si dice “terroir” e ci si fa il segno della croce. I grandi vini si possono fare dappertutto, ha detto invece lui. E come la Coca-Cola adatta le sue sfumature di gusto alle esigenze di mercato, così sarà per il vino: “Gli indiani vogliono il vino al curry? Noi glielo daremo”. Tiri pure un sospiro di sollievo l’Italia che ama bere: modernità, da queste parti, vuol dire ancora pensare all’Etna parlando di Sicilia; citare la Puglia e sentire il gusto di un Negroamaro o di un Primitivo. Accostare l’Abruzzo col Montepulciano, la Sardegna col Cannonau, Barolo e Barbaresco col Piemonte. Produrre vini strettamente legati al territorio. Persino troppo. L’ultima edizione della guida “I Vini d’Italia 2011” de L’espresso, fotografia dell’Olimpo vinicolo italiano, ne ha selezionati circa 10 mila (il doppio quelli assaggiati), li ha descritti, li ha classificati, ha premiato con le stelle, da una a tre, 382 produttori, tra i quali 14 con la massima valutazione. E, sintetizzando il meglio della produzione nazionale, ne ha tratteggiato come ogni anno stile e novità.

Tendenza minerale. Vini meno concentrati, per cominciare. Più naturali, più facili da bere, rispetto ai vini coi muscoli in vista di qualche anno fa. Vini naturali, sapidi, dalle acidità marcate: il trend si rafforza, si fa imperativo. E spunta la parola per dirlo: minerale. Una vera ossessione tra gli addetti ai lavori. “Per anni la tendenza è stata produrre vini morbidi, inoffensivi, “piacioni”, pieni di note dolci derivate dal frutto e dal legno ”, nota Fabio Rizzari, curatore con Ernesto Gentili della “Guida”: “Ciò ha provocato una reazione, che è rapidamente diventata moda: un nuovo eccesso pauperista che porta a idealizzare il vino del contadino e i vitigni locali, a esaltare solo tecniche fenicie o mesopotamiche, a respingere gli interventi degli enologi. Ci piace questo ritorno a una produzione coerente con il territorio, che oltretutto rende i nostri vini meno imitabili e perciò più competitivi sul mercato. Ma giudichiamo caso per caso: un Cahernet ben fatto e stilisticamente autentico è preferibile a un autoctono di scarsa qualità”. “La “Guida” premia vini con personalità. Vini che hanno qualcosa da dire. E che si bevono veramente””, aggiunge Gentili: “Il 90 per cento delle “eccellenze” deriva da vitigni autoctoni, è a denominazione d’origine, è prodotto in quantità inferiore alle 30-40 mila bottiglie. Ed è vino d’autore: non preparato da flying wine makers”. I consulenti enologi che volano da un vigneto all’altro del pianeta, orientando il gusto internazionale. Come Rolland.

Le regioni al top. L’edizione numero dieci della “Guida” conferma in cima all’enologia di qualità il
Piemonte, con 57 eccellenze, e la Toscana, con 41 vini dai 18 punti in su. Con 27 eccellenze, tra bianchi e rossi, si impone l’Alto Adige: in crescita già da qualche anno e oggi pronto per il terzo posto. Dà interessanti segni di consolidamento il Lazio, per anni fanalino di coda: grazie ai rossi, a base di Cesanese del Piglio, la regione esce finalmente allo scoperto. Ma la vera sorpresa è la Sardegna: con i Vermentino e un Cannonau da 19 punti. E anche l’unico vino premiato con 20/20, punteggio che per la “Guida” non significa perfezione ma emozione: quella sì veramente al massimo. “È la Malvasia di Bosa 2006, prodotta da un novantenne, Battista Columbu, e da suo figlio Raphael, emblema della resistenza all’omologazione industriale del vino”, dice Rizzari. Jonathan Nosser, il regista di “Mondovino”, aveva incluso l’anziano produttore nel suo docufilm.

I primi della classe. Ma il sovrano assoluto, il vino più premiato, resta il Barolo. Insieme con il plotone dei vini dalla reputazione già altissima: Amarone, Barbaresco, Brunello, Chianti classico, Taurasi, tutti in vena di confermare il loro grande valore. Sorprendono i rossi vivaci dell’Emilia.
L’Etna è ormai un giacimento di tesori. Si consolidano i Nebbiolo del nord Piemonte, i Montepulciano d’Abruzzo, gli Aglianico del Vulture e i Rossi della Valtellina. Positivi i risultati del Vino nobile, del Rosso di Montalcino, del Sagrantino di Montefalco. In risposta all’egemonia dei vitigni autoctoni esplodono tagli da Cabernet e Merlot bolgheresi. Si affermano i vini più freschi, con più slancio. Più leggeri, come certi frizzanti emiliani, Lambrusco e Barbera vivace. Vini da uve che in certe zone proprio non maturavano. “Anche il vino italiano scopre gli effetti dei cambiamenti climatici”, dice Gentili: “La Valle d’Aosta è stata premiata per i vini rossi. Analogamente la Valtellina. L’Alto Adige non ha mai avuto tanti vini rossi tra le eccellenze. Al contrario, la Sicilia più che per i suoi tradizionali rossi, eccelle per i vini dell’Etna”. E le regioni che perdono terreno? “Un po’ ferma è l’Umbria: fatta eccezione per il Sagrantino, e dopo anni a espiantare vitigni storici, non ci sono grandi sorprese, semmai una generale uniformità”.

Uscire dalla crisi. “I rossi concentrati, quei vini che inseguivano i premium wines, cioè vini da 20-30 euro e oltre a bottiglia sia che venissero da vigneti di serie A che da altri, hanno portato a storture e a un appiattimento del gusto. Perché i grandi vini non si fanno ovunque. E perché in tempi di crisi chi può permettersi grandi vini sceglie solo quelli veri. Così l’Italia ha perso competitività”, sottolinea Rizzari: “Dalla crisi si esce con prodotti che non siano imitabili altrove. E recuperando il consumo quotidiano di vino, che negli ultimi decenni è precipitato drammaticamente”. È cresciuto, invece, il livello di attenzione e di interesse verso il vino. Con meno teatralità che in passato, con il gusto di una maggiore immediatezza, mai i consumatori sono stati così informati. “Fino a quattro-cinque anni fa, la critica enologica si trovava di fronte una platea alla quale poteva rivolgersi ex cathedra. Oltre a una fascia alta di esperti, oggi, invece, sono moltissime le persone comuni, con reale cultura degustativa”, conferma Rizzari.

Tesori italiani. Saranno soprattutto loro ad apprezzare i gioielli scovati dalla “Guida”, a partire dai “50 Outsider”, vini che, senza raggiungere l’eccellenza si sono distinti particolarmente negli assaggi. Qualche curiosità? “L’azienda I Fabbri, gestita solo da donne, da cui arriva l’unica Riserva 2007 di Chianti classico premiata”, dice Gentili: “O la Barbera vivace di un produttore biologico, Camillo Donati, che con metodi artigianali produce un vino molto interessante. Spiccano, quest’anno, vitigni non molto considerati e ora riemersi, come il Vespaiolo dell’area vicentina. Da segnalare anche un Cabernet franc da un vecchio vitigno racchiuso all’interno della cittadina di Rovereto, prodotto da Eugenio Rosi. E i vigneti a piede franco dell’azienda sarda Gabbas. Tra i produttori con più eccellenze c’è il piemontese Roagna, con i suoi vigneti centenari dove l’arte di fare il vino si tramanda in famiglia”. “Una sorpresa? L’azienda sarda Mura, che quest’anno ha presentato due vini e con entrambi è entrata tra le eccellenze. E la conferma della tradizionalissima Quintarelli, che ha ottenuto le nostre tre stelle”, dice Rizzari: “La produzione italiana è tra le più frammentate possibili: molto spesso non siamo capaci di fare gruppo”. Ma questa proprio non è una novità.


I magnifici quattordici

I vini dell’eccellenza. Sono i vini al top, quelli con punteggio superiore a 18/20. Vini di qualità rara

20 Malvasia di Bosa 2006, Columbu

19.3 Barolo Monprivato Cà d’Morissio Riserva 2003, Mascarello Giuseppe e Figlio

19.3 Barolo Riserva Monfortino 2002, Conterno Giacomo

19.5 Il Caberlot 2007, Il Carnasciale

19.3 Le Pergole Torte 2007, Montevertine

19 Barbaresco Pajé 2004, Roagna

19 Barolo 2006, Mascarello Bartolo

19 Barolo Brunate - Le Coste 2006, Rinaldi Giuseppe

19 Barolo Cannubi S. Lorenzo - Ravera 2006, Rinaldi Giuseppe

19 Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse 1999, AR. PE. PE

19 Manna 2008, Haas

19 Montepulciano d’Abruzzo 2007, Pepe Emidio

19 Contrada Rampante 2008, Passopisciaro

19 Cannonau di Sardegna S. Annada 2008, Sedilesu.


Le aziende a 3 stelle

Valentini, Abruzzo

Produttori Terlano, Alto Adige

Cà del Bosco, Lombardia

Conterno Giacomo, Piemonte

Gaia, Piemonte

Giacosa Bruno, Piemonte

Castello di Ama, Toscana

Isole e Olena, Toscana

Montevertine, Toscana

Ornellaia, Toscana

Poggio di Sotto, Toscana

San Guido, Toscana

Ferrari, Trentino

Quintarelli Giuseppe, Veneto.

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