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L'espresso

Arrivano i quarantenni ... La nuova cucina italiana è una realtà. Con un’identità forte. Più giovane. E diffusa per tutta la Penisola. Con Lombardia, Piemonte e Campania in testa... Massimo, Pino, Niko, Carlo, Davide, Tonino... Benvenuta la prima generazione di chef che si chiamano per nome. Se c’è un tratto caratteristico dell’identità gastronomica contemporanea è in un gruppo di quarantenni che, da Torino a Rivisondoli, da Canneto sull’Oglio a Licata, da Vico Equense ad Alba, ha fatto compiere alla cucina italiana un salto di gruppo nell’eccellenza. E che, incontrandosi e confrontandosi, crescendo insieme, ha tratteggiato non solo un identikit insolito per l’egocentrico panorama degli chefstar, ma anche un network inedito: di gente che viaggia, e all’estero è a suo agio; che ha fatto esperienza in grandi tavole ed è tornata; che pur nella varietà di stili e di ispirazioni, delinea i caratteri della “Nuova cucina italiana”. Sono prima di tutto loro, gli chef al top premiati coi “cappelli”, insieme a tutti gli altri, selezionati e recensiti da un centinaio di autori, i protagonisti della guida “I ristoranti d’Italia 2011” de L’espresso, edizione numero 33: viaggio nell’Italia dove si mangia buono e sano. E nuova occasione di scoperta del patrimonio culinario della penisola. “Hanno la consapevolezza di essere una rete”, conferma il direttore della Guida Enzo Vizzari: “C’è tra loro uno scambio continuo, uno spirito di collaborazione e un’informalità nei rapporti che non si erano mai visti prima. Questi chef si confrontano sui prodotti, sulle tecniche, su come migliorare certi piatti. Ed è la vera grande differenza rispetto al passato: un tempo c’erano i solisti, che hanno anche generato allievi, ma che tendevano a muoversi da soli. Oggi ci sono chef che sentono di far parte di un gruppo. Che crescono insieme. E così facendo rendono grande la cucina italiana”. Sempre più scevra da note folkloristiche, sempre più con un’identità precisa: “Una cucina che ha tre indiscutibili tratti distintivi: solide radici regionali, ricerca ed esaltazione della qualità dei prodotti che tutto il mondo apprezza, impiego ragionato delle tecniche innovative”, spiega Vizzari: “Ecco perché Bottura ha avuto 19,75/20, il punteggio più alto mai raggiunto in Italia: perché rappresenta il meglio della nuova cucina italiana, aperta a tutte le novità, ma con una rigorosa connotazione di cucina italiana classica. Perché allora non il voto massimo? Perché non si dà e non sarà mai dato: significherebbe condannare un cuoco alla perfezione eterna”. Viva, buona, sana, la cucina italiana cresce un po’ ovunque. Nonostante la crisi, a dispetto della mancanza di sostegno: “C’è oggi questa collaborazione tra gli chef, ma non c’è nessun sostegno a livello Paese. Abbiamo sotto gli occhi l’esempio della Spagna, che è stata una grande operazione di marketing degli ultimi anni. In Italia, al contrario, quanto a promozione della cucina siamo al deserto totale”, nota Vizzari: “La crisi ha inciso fortemente nell’ultimo biennio sulla ristorazione e oggi anche su quella di qualità: c’è stato un numero senza precedenti di cessazioni di attività, di ridimensionamenti, di bilanci in sofferenza. E anche quei clienti che hanno continuato ad andare spesso al ristorante hanno fatto più attenzione al conto”. Difficoltà economiche a parte, la Guida conferma a 19,5/20 Vissani a Baschi e Le Calandre a Rubano. A 19/20, accanto alla Pergola del Rome Cavalieri, e ad Heinz Beck, grande balzo in su per Mauro Uliassi, “uno dei migliori d’Italia ma senza il complesso della star” secondo la Guida, e del suo ristorante a Senigallia, che passa da 18 a 19 punti. “La cucina di Uliassi ha ormai raggiunto maturità e vivacità straordinarie”, dice Vizzari: “È creatività pura senza svolazzi. Ogni innovazione è in funzione dei sapori, non c’è nulla di calligrafico e di gratuito. Ottima la sua cucina di mare, sorprendente quella di terra, straordinario il modo di lavorare la selvaggina”. In netta ascesa, con un punto intero guadagnato in un anno solo (da 17,5 a 18,5), anche i ristoranti Piazza Duomo, di Alba, e Reale di Rivisondoli: “Il primo è l’emblema di una crescita straordinaria che il Piemonte sta vivendo un po’ ovunque”, spiega Vizzari: “Oggi, da Villa Crespi con Tonino Cannavacciuolo a Combal.Zero di Davide Scabin fino all’Antica Corona Reale a Cervere con Gian Piero e Renzo Vivalda c’è un interessante risveglio, dopo anni in cui la regione era stata un po’ ferma. La stessa Alba non aveva un grande ristorante, ora ce l’ha: per opera della famiglia Ceretto e dello chef Enrico Crippa di Piazza Duomo. Niko Romito, al Reale di Rivisondoli, in provincia dell’Aquila, è stato il “giovane dell’anno” della nostra Guida nel 2006, e da allora è cresciuto, cresce e ancora crescerà. È suo il “pranzo dell’anno” dell’edizione 2011”. Sale, da 17,5 a 18 punti, Pino Cuttaia, chef de La Madia a Licata; uno che da solo vale il viaggio fin laggiù ed è “uno straordinario esempio di resistenza e di attaccamento alla propria terra e ai suoi prodotti”: un tripudio di profumi, di sapori, di raffinatezza che va oltre la sicilianità e parla alla memoria e all’infanzia di tutti. E a 18 punti si confermano Ciccio Sultano, del Duomo, cucina di bontà, e di bellezza, “barocca e scintillante” com’è Ragusa Ibla; Paolo Lopriore, tenace inseguitore della perfezione, de Il canto della Certosa di Maggiano e Gennaro Esposito, della Torre del Saracino di Vico Equense, cucina mediterranea tra le più intense e appassionate in circolazione. Guadagnano mezzo punto, da 17 a 17,5, l’Antica Corona Reale di Cervere, all’Enoteca di Canale, Trussardi alla Scala di Milano. Uno dei pochi ristoranti in città. “Non è un caso”, sottolinea Vizzari: “È anzi ormai un fatto consolidato che tra i ristoranti più famosi solo pochissimi siano in città. La Lombardia è invece la regione con più locali con almeno un cappello, ben 51”. Seguono il Piemonte con 33 e la Campania: in forte e costante crescita da qualche anno conta oggi, nella Guida, 29 ristoranti al top. “La Campania ha un’impressionante concentrazione di tavole eccellenti. Può contare su prodotti di terra e di mare notevolissimi, su un patrimonio straordinario, che ha alimentato una crescita progressiva ben al di là della fascia costiera, più turistica. Basti pensare all’Irpinia. Ogni anno questa regione regala più di un giovane emergente”. Anche se la novità laureata dalla Guida (Premio Acqua Sparea), quest’anno, è un ragazzo cinese, Chen Shiqin, de La Rei, Boscareto Resort, di Serralunga d’Alba, “allevato” da Gian Piero Vivalda, senza che la sua cucina sia una replica dell’altra: l’anno scorso era in Guida senza voto. Quest’anno è l’esordio con il voto più alto: 16,5. Perché si avanza con velocità, in questo panorama di ritrovata vitalità. E chi sta fermo resta indietro, come i ristoranti che nell’ultima edizione della Guida perdono terreno: l’Enoteca Pinchiorri di Firenze (da 19 a 18,5), il Miramonti l’Altro di Concesio e Perbellini a Isola Rizza (da 18 a 17,5). Tavole sulle quali c’è poco da ridire, se non di aver puntato troppo all’effetto sicurezza. Anche se poi concretezza e solidità restano i caratteri più premiati dai clienti: è finito il tempo dello stupore a tutti i costi? “C’è stata negli anni passati una forte ubriacatura, anche indotta da certa critica, di ristoranti dagli effetti speciali. Si andava a mangiare per essere stupiti. Ma una cosa è provare emozioni, un’altra è l’abuso di certi giochi. Non a caso sta tramontando anche l’idea che la Spagna sia la tappa obbligatoria per cuochi e gourmet. Che cos’è una cucina moderna? Una cucina viva, buona, sana, capace di usare con sapienza i prodotti, attenta anche alla salubrità. Modernità è oggi varietà. E un atteggiamento laico rispetto alla provenienza dei prodotti: se ce n’è uno eccellente a casa propria è l’ideale. Ma il vero gourmet cerca il buono e non importa da dove venga”.

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