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L'espresso

… Arnault pigliatutto … A dieci anni dall’assalto portato alla Gucci, il finanziere ci riprova. Questa volta nel suo mirino c’è Hermès. Ma deve far breccia tra gli eredi … Mai banali, le mosse dì Bernard Amault. Il finanziere-industriale patron di Lvmh, colosso del lusso mondiale, è sempre al
centro di battaglie spettacolari. Agli occhi del pubblico italiano divenne famoso quando, alla fine del secolo scorso, cercò di conquistare la Gucci - poi finita nelle mani del suo rivale Franois Pinault - dando vita a una feroce schermaglia in Borsa condita da cause nei tribunali di mezzo mondo. Adesso va all’attacco dell’apparente blindata Hermès, snobbissima icona dell’ultralusso: a prescindere da come andrà a finire, la sua scalata spingerà addirittura il governo francese a modificare la normativa sulla comunicazione degli acquisti di titoli in Borsa. In molti - a cominciare da parecchi membri delle tre famiglie che controllano la Hermès - si sono stupiti apprendendo, il 23 ottobre scorso, che il gigante Louis Vuitton Moet Hennessy aveva catturato il 14 per cento del capitale degli storici rivali (con ulteriore arrotondamento nei giorni successivi a quota 17,1 per cento). Il 72 per cento di Hermès fa capo alle famiglie Puech, Dumas e Guerrand, discendenti del sellaio Thierry Hermès, che nel 1837 aprì la sua bottega di bardature e finimenti per cavallo. Il controllo è garantito attraverso la società in accomandita Emile Hermès Sarl, guidata da Bertrand Puech. Se davvero vuole conquistare il controllo della pregiata preda, Arnault deve incrinare il fronte apparentemente compatto dei circa 60 azionisti delle famiglie storicamente proprietarie. Si vedrà: la partita promette di essere lunga, come del resto merita uno dei mar-chi più famosi del lusso planetario. Intanto, l’infiammarsi della querelle ha già spinto il ministro dell’Economia francese, Christine Lagarde, a pensare a norme più efficaci e stringenti: per rendere impossibile in futuro che un nuovo azionista possa uscire allo scoperto dopo aver già comprato una fetta così rilevante di una società quotata (neanche attraverso i sofisticati contratti legati a derivati che Lvmh avrebbe usato nel rastrellamento di Hermès).

A dispetto delle tenorili dichiarazioni di unità, in realtà, un primo scricchiolio nella galassia Hermès s’è già avvertito, proprio nei giorni in cui Lvmh s’è appalesato come scomodo compagno di viaggio. Laurent Mommeja, fratello di Renaud Mommeja, influente membro del consiglio di sorveglianza della società di Rue de Faubourg Saint-Honoré, mentre sul listino il titolo Hermès si surriscaldava, ha venduto quasi 10 mila azioni, incassando 1,8 milioni di euro. Momméja, entrato nei ranghi dirigenziali di Hermès nel 1997 come di- rettore marketing in Europa e in Asia, è nipote di Francis Puech, marito di Yvonne Hermès. Il cognome Hermès è sparito presto dai vertici perché la terza generazione ha avuto soltanto figlie e il potere è passato alle tre famiglie dei generi. Dal 2008, per la prima volta, a gestire il gruppo non c’è un esponente delle famiglie ereditarie, che però governano saldamente con sei esponenti nel consiglio digestione e tre in quello di rappresentanza. Presidente e diretto- re generale da due anni è Patrick Thomas, che ora è il regista della Linea Maginot eretta per respingere l’invasore. L’anoma- ha potrebbe presto rientrare: Thomas ha
63 anni e in pole position tra i candidati al- la successione ci sono due hermesiani doc,
Axel Dumas e Guillaume de Seynes.

Amault non ha fretta. Fanno notare gli analisti di Crédit Suisse che, a fine 2009, Lvmh
aveva a disposizione parecchia liquidità per permettersi l’operazione senza particolare sforzo, mentre quelli di Barclays sottolineano come, avendo pagato circa 80 euro per azione (che oggi viaggia ben sopra il doppio), finirebbe per guadagnare anche se l’esercito degli eredi non si sgrerolasse. Oltre a essere un mito, del resto, Hermès è una macchina da soldi. Dalle selle e dalle borse di cuoio l’impero s’è allargato via via ai capi in pelle, ai gioielli, all’abbigliamento, alla seta. Grace Kelly trasformò nel dopoguerra la borsa di Hermès in uno status sym bol pianetario. Poi sono arrivati gli orologi e le misurate acquisizioni, come quella delle scarpe inglesi Lobb, o il 45 per cento della maison di Jean-Paul Gaukiei Niente a che vedere, tuttavia, con la recente espansione a colpi di shopping dell’eterno rivale Vuitton, caratterizzato dall’approccio finanziario di Arnault. il quale era stato accostato a Hermès nella primavera del 2008, proprio quando l’arrivo al vertice di Thomas aveva fatto ipotizzare, in Borsa, l’uscita di scena delle famiglie targate Hermès odi parte di esse. L’azione s’impennò; poi non accade nulla. La crisi economica mondiale non ha lasciato cicatrici sulla leggendaria maison e sul suo potenziale conquistatore, dieci volte più grosso in quanto a fatturato e dipendenti (ma non per redditività). Nell’ultimo anno in Borsa il lusso d’Oltralpe ha galoppato (molto più dell’indice Cac 40) e i primi nove mesi sono stati eccellenti per Lvmh, che ha aumentato i ricavi dell 9 per cento, come per Hermès, che ha fatto ancor meglio. E normale che i discendenti del sellaio Thierry dichiarino di non aver alcun interesse a mollare una gallina dalle uova d’oro capace di macinare utili con impressionante regolarità (quasi 1,4 miliardi negli ultimi cinque anni). Ma ora nell’azienda di famiglia si è insinuato il tarlo-Arnault. 11 quale s’è ben guardato dal comportarsi come ai tempi di Gucci: non ha richiesto posti in consiglio d’amministrazione, come fece allora. Esperto e paziente, s’è accomodato in attesa sulla riva del fiume. Non lo hanno impressionato le prese di posizione in cui lo si invita a sloggiare. In un gruppo di azionisti dall’età media piuttosto alta gli smarcamenti non sono impossibili. Senza dimenticare che si sta facendo sotto la settima generazione, che conta 170 eredi fra cui la trentenne Julie Guerrand (new entry nel con Hermes sigillo di sorveglianza). Una situazione fluida, in cui prima o poi potrebbero esserci due aspiranti alla leadership. Si dice, per esempio, che Pierre-Alexis Dumas aspiri a fare come il babbo, Jean Louis, che a lungo ha abbinato la carica di direttore artistico (quella attuale di Pierre-Mexis) con il ruolo di supermanager della famiglia. Progetto che lo metterebbe in conffitto con il cugino Guiflame de Seynes. Voci di corridoio, certo. Ma Arnault osserva:se il blocco familiare cede, lui è l’unica alternativa. Se tiene, porterà a casa i dividendi che Hermès continuerà a maturare.

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