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L’ITALIA NON PUÒ BLOCCARE LA COLTURA DI OGM IN ATTESA DELL’ADOZIONE DA PARTE DELLE REGIONI DI NORME SULLA COESISTENZA CON LE COLTURE CONVENZIONALI: COSÌ TRA FAVOREVOLI E NON LA CORTE UE DÀ RAGIONE AL PRODUTTORE PIONEER SUL MINISTERO DELL’AGRICOLTURA

Uno stato membro dell’Ue, nel caso specifico l’Italia, non può bloccare la messa in coltura di Ogm in attesa dell’adozione da parte delle Regioni di norme sulla coesistenza tra le colture Ogm e quelle convenzionali. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue con una sentenza emessa a proposito della causa intentata dalla Pioneer contro il Ministero dell’Agricoltura per la procedura seguita nella pratica di autorizzazione di Ogm già ammessi dall’Ue. In particolare, nella causa la Pioneer, che produce e distribuisce a livello mondiale sementi convenzionali e Ogm, intendendo coltivare le varietà del mais Mon 810 (autorizzate dall’Ue nel 1998) ha contestato la necessità di un’autorizzazione nazionale per coltivarlo, ma anche l’interpretazione della direttiva europea sull’immissione di Ogm nell’ambiente, secondo la quale la coltivazione di Ogm in Italia non sarebbe consentita fino all’adozione di misure di coesistenza da parte delle Regioni. Per fare chiarezza sull’interpretazione della direttiva europea, il Consiglio di Stato si è rivolto alla Corte di giustizia dell’Ue, che oggi si è pronunciata sottolineando per l’appunto che “la messa in coltura di Ogm quali le varietà del mais Mon 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di quelle varietà sono state autorizzate dall’Ue”.

Tra favorevoli e contrari, la sentenza della Corte di Giustizia Ue conferma la linea da sempre sostenuta da Confagricoltura: “prendiamo atto della sentenza - commenta l’Organizzazione - abbiamo chiesto, da sempre, che il tema degli Ogm venisse affrontato, nel nostro Paese, senza pregiudizi, ma sulla base di certezze scientifiche. La ricerca è indispensabile, va sostenuta e non frenata. E va fissato un sistema di regole che garantisca la coesistenza tra le diverse forme di agricoltura (convenzionale, biologica e transgenica) senza che l’una danneggi l’altra. Le regole finora, in Italia, si è preferito non adottarle; oggi emerge quanto questa scelta non sia conforme ai principi europei”.

Per la Coldiretti, la sentenza della Corte non cambia niente per l’Italia dove lo stop agli Ogm nei campi è stato deciso non in via generale, ma in forza di un provvedimento interministeriale che è intervenuto su un caso concreto proprio sulla base della disciplina europea che assegna allo Stato l’accertamento circa la pericolosità della coltivazione Ogm nei confronti delle altre colture tradizionali confinanti. Per la Coldiretti, sebbene la sentenza lasci intendere che allo Stato sia precluso il divieto di introdurre misure volte a prevenire l’impatto della commistione di Ogm con le colture derivate da prodotti tradizionali, non tiene conto in realtà dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha portato l’Italia a ottemperare al principio concernente la facoltà di utilizzare in agricoltura Ogm sulla base delle regole di coesistenza. In altre parole, spiega la Coldiretti, ha ben ragione la Corte nello stabilire che sia fatto divieto all’Italia di introdurre un blocco generalizzato dei procedimenti di autorizzazione in attesa dell’intervento delle regioni - che finora non è stato realizzato - e, tuttavia, la stessa Corte non tiene conto che le modalità adatte a far convivere le diverse filiere di produzione agricola, proprio sulla base della disciplina europea, assegnano allo Stato l’accertamento circa il carattere non pericoloso o dannoso della coltivazione Ogm secondo specifiche esigenze di separazione delle colture. E’ accaduto infatti che il divieto di coltivazione in Italia sia stato consolidato da un provvedimento interministeriale (Agricoltura, Ambiente e Salute) destinato ad intervenire rispetto al caso concreto di una pretesa di un singolo agricoltore di mettere a coltura mais Ogm e non in via generale, come censura la Corte di Giustizia. In relazione a ciò, si tratta di riconoscere che se la disciplina europea si occupa di tutelare l’ambiente e la salute resta alla normativa interna la possibilità di adottare le misure più opportune per limitare gli effetti economici connessi alla coltivazione degli Ogm e questo, conclude la Coldiretti, non in via generale ma caso per caso.

Per la Cia-Confederazione italiana agricoltori l’Ue - che ha annunciato oggi che la Commissione Ue completerà intanto la sua “relazione sulle etichette” Ogm free dei prodotti derivati come carne, latte e formaggi entro fine anno - deve adottare al più presto norme chiare e comuni in materia di Ogm, dall’etichettatura alla coesistenza. La Cia ribadisce che l’agricoltura italiana non ha bisogno degli Ogm: “la nostra ferma contrarietà non scaturisce da una scelta ideologica, ma dalla consapevolezza che l’utilizzazione del biotech può annullare la nostra idea di agricoltura. Annullare l’unico vantaggio competitivo dei suoi prodotti sui mercati: quello della biodiversità. Non si tratta di una posizione oscurantista. Tutt’altro. Chiediamo alla scienza di continuare a contribuire alla crescita di questo tipo di agricoltura. E questo lo può fare senza ricorrere agli organismi geneticamente modificati, come, del resto, è avvenuto fino ad oggi con risultati eccezionali”.

Che l’Unione europea batta un colpo, se possibile tre, sul delicato terreno degli Ogm, è l’invito lanciato anche dalla Rete delle Regioni Ogm-free, al termine della Conferenza n. 9, ad Erfurt in Germania. “Il compromesso in Europa è difficile, ma bisogna andare avanti con una legislazione comune e in quest’ottica è necessario far sentire con più forza la nostra voce, sviluppando un’amplia coalizione con i consumatori, gli agricoltori e gli ambientalisti”, ha detto al termine dei lavori Paolo Petrini, assessore marchigiano all’Agricoltura e presidente della Rete Regioni Ogm-free. La possibilità di decidere se coltivare o meno Ogm, norme comuni di etichettatura e regole per la coesistenza, sono i tre grossi nodi su cui la Ue è bloccata, in alcuni casi da anni. “Sulla proposta danese (la scorsa presidenza di turno della Ue, ndr) di lasciare agli Stati la decisione di permettere o vietare gli Ogm”, ha chiarito il vicedirettore della Direzione generale salute e protezione dei consumatori della Commissione Ue Ladislav Miko, “abbiamo appena convinto l’Italia, la Spagna e la Svezia, ma Francia, Germania, Regno Unito e Belgio continuano a dire no”. Per superare la minoranza di blocco è necessario che uno dei tre grandi cambi posizione e al riguardo il rappresentante del governo tedesco Cristoph von Heydebrand ha ribadito il no della Germania. Secondo Petrini è invece urgente che la Ue prenda una decisione “riconsegnando ai singoli Stati membri la possibilità di limitare o vietare l’introduzione degli Ogm nel proprio territorio”. Il tutto inserendo nella valutazione “non solo elementi scientifici, ma anche socioeconomici”. Qualcosa si muove, invece, sul fronte dell’etichettatura Ogm-free. E poi c’è la coesistenza, appunto, un tema che per le Regioni Ogm-free, ormai arrivate a 56 membri da 8 paesi Ue più la Croazia, non ha senso. “Dal nostro punto di vista - chiarisce Petrini - è impossibile tenere in sicurezza una coltivazione tradizionale o biologica se vicino ce n’è una Ogm”. Inoltre, insiste, i costi per le barriere ed i controlli necessari sarebbero tali “da rendere assolutamente insostenibile applicare la coesistenza nel nostro territorio”, ed i prezzi della contaminazione “non vengono pagati da chi inquina”.

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