In un Paese dove 43 milioni di persone sono attive sui social network e il 92% dei giovani tra i 15 e i 24 anni li utilizza quotidianamente, è evidente che il dialogo tra brand e nuove generazioni passa attraverso queste piattaforme. Il settore food, in particolare, ha assunto un nuovo significato: non è più solo gusto o prodotto, ma espressione culturale e identitaria. Per la Gen Z, il cibo racconta valori, storie e appartenenze. L’85% dei giovani under 26 scopre nuovi brand proprio sui social, guidato da contenuti autentici di creator e influencer. Instagram, TikTok e YouTube sono diventati spazi privilegiati per i brand food, dove estetica, tono di voce e rilevanza culturale fanno la differenza. Come evidenziato nel report “When Food Speaks Culture” di Flu (Uniting Group) in collaborazione con il Politecnico di Milano, la Gen Z non cerca pubblicità tradizionali, ma narrazioni autentiche, persone vere e linguaggi che rispecchino il proprio immaginario. Anche il cibo, quindi, deve comunicare in modo coerente con i valori di questa generazione.
“Nonostante la forte presenza digitale, la Gen Z mostra segni di saturazione: l’83% ha adottato strategie di “digital detox” e molti dichiarano di desiderare che piattaforme come TikTok o Snapchat non fossero mai esistite. In questo contesto, il ruolo degli influencer diventa ancora più centrale: veri interpreti culturali, capaci di tradurre la complessità dei brand in linguaggi accessibili e significativi. I creator generano valore in modi diversi: alcuni reinterpretano la tradizione gastronomica italiana in chiave pop e social, altri trasformano il brand in un’esperienza concreta, altri ancora lo connettono a valori emergenti come inclusività e sostenibilità”, afferma Flu. “E, infine - prosegue il report - ci sono influencer capaci di entrare nel tessuto della cultura, rinnovando il linguaggio dei brand e rendendoli parte di conversazioni più ampie, contemporanee e cariche di significato”.
“A partire da questa trasformazione nel ruolo dei creator e dal confronto con i marketer coinvolti nella ricerca, emergono anche tre grandi sfide che oggi i brand del settore food si trovano ad affrontare per riuscire ad avere un dialogo aperto con le nuove generazioni: la prima riguarda la necessità di individuare nuovi linguaggi in grado di parlare a pubblici sempre più frammentati e diversificati - afferma il report - con particolare attenzione alla Generazione Z, che rappresenta un target cruciale, ma complesso. La seconda sfida è legata alla crescente sensibilità dei consumatori rispetto ai temi del benessere personale e della sostenibilità: oggi, chi acquista chiede trasparenza, coerenza e un impatto positivo lungo tutta la filiera. Infine, c’è l’urgenza di ripensare il ruolo degli influencer, che non possono più essere considerati semplici strumenti di amplificazione, ma devono essere riconosciuti come veri partner creativi e strategici nella costruzione di valore per il brand e per la community, conclude lo studio.
“I dati confermano questa evoluzione: il 56% dei brand collabora con influencer per raccontare la propria unicità, il 77% per lanci di prodotto, ma solo il 15% li coinvolge in progetti valoriali e appena il 7% in iniziative orientate alla conversione”, dichiara il report. Le difficoltà principali? Secondo Flu, “misurare l’efficacia reale delle campagne (45%) e trovare un equilibrio tra voce del brand e quella del creator (30%)”.
“Le tendenze di consumo della Gen Z riflettono questo cambiamento: cresce l’interesse per alimenti “free from”, diete personalizzate e prodotti funzionali, ma soprattutto per trasparenza e coerenza con valori ambientali e sociali. Per questo, molti brand coinvolgono i creator fin dalle prime fasi strategiche, tanto che il modello “Influencer Impact Flow” di Flu identifica quattro momenti chiave: trend scouting, concept creativo, lancio prodotto e attivazione della community”, prosegue lo studio. Infine, il report propone un nuovo approccio alla misurazione, che supera le “vanity metrics” e si concentra su quattro dimensioni: impatto culturale, coerenza reputazionale, attivazione della community ed efficacia commerciale.
Come afferma Luca Palomba, creator del progetto “Chef in Camicia”, hub creativo che unisce cucina, comunicazione e cultura pop, con l’obiettivo di rendere il cibo un linguaggio universale e coinvolgente, “i brand stanno capendo che non basta più dire “è buono”, ma bisogna raccontare anche perché lo è, a livello etico, ambientale, sociale. E quando questi valori coincidono con i miei, è naturale volerli raccontare”.
La ricerca si propone come un vero e proprio manifesto per il futuro del marketing alimentare: una narrazione fluida, consapevole e inclusiva, dove cibo e cultura si fondono, e dove influencer e brand condividono la responsabilità , e l’opportunità di trasformare il modo in cui consumiamo e raccontiamo il cibo.
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