La forza dell’Italia, e della sua economia, a partire dal Dopoguerra, e fino ai giorni nostri, “non deriva dalla superiorità della scienza e dell’ingegneria, né dalla qualità del management industriale, né tanto meno l’efficacia della gestione amministrativa e politica, né infine la disciplina e la collaboratività dei sindacati e delle organizzazioni industriali. La ragione vera è che l’Italia ha incorporato nei suoi prodotti una componente essenziale di cultura e che città come Milano, Firenze, Venezia, Roma, Napoli e Palermo, pur avendo infrastrutture molto carenti, possono vantare nel loro standard di vita una maggiore quantità di bellezza. Molto più che l’indice economico del Pil (Prodotto Interno Lordo), nel futuro il livello estetico diventerà sempre più decisivo per indicare il progresso della società”. A dirlo, l’economista keynesiano americano John Kenneth Galbraith, consulente di John Fitzgerald Kennedy e di Lindon Johnson, che già nel 1983 aveva colto il potenziale della cultura e della bellezza come generatrici di ricchezza ed economia, tema al centro del report “Io sono Cultura 2021 - L’Italia della qualità e della bellezza sfida la risi”, firmato da Symbola - Fondazione per le qualità italiane, insieme a Unioncamere, Regione Marche e Credito Sportivo.
Un legame, quello tra economia, bellezza e cultura, che coinvolge anche i territori e i borghi delle eccellenze agricole, alimentari ed enoiche d’Italia, spesso strappati all’oblio di una ruralità, fino a qualche decennio fa, incapace di generare ricchezza, ed oggi esempio di integrazione tra rispetto per l’ambiente, qualità e innovazione, in linea con quelli che sono gli obiettivi - economici ed ambientali - della Commissione Europea. “Il mondo della cultura ha pagato un prezzo più alto del resto dell’economia, ma è da qui che si deve ripartire, da un punto di forza dell’Italia”, spiega, a WineNews, introducendo i contenuti del report “Io sono Cultura 2021”, Ermete Realacci, presidente di Symbola.
“È un tema che va al di là dei suoi confini naturali, perché la cultura oltre che un fattore di identità, è un formidabile acceleratore verso un’economia di qualità, più a misura d’uomo, ma anche trasversale, perché anche il mondo del vino, dell’agricoltura e dei territori rurali incrocia fortemente i temi di identità, economia e cultura. Da questo punto di vista, il rapporto “Io sono cultura 2021” conferma il peso specifico della cultura sull’economia italiana. Nella grande partita che l’Europa ha aperto sul Green New Deal, ossia sulla transizione verde, sono stati fatti enormi passi avanti, sia nella solidarietà tra Paesi sia nell’individuare una missione comune, intorno a tre temi: coesione, inclusione e transizione verde, a cui va il grosso delle risose del Recovery Plan, e il digitale”. È in questo contesto, riprende Ermete Realacci, che “la Commissione Ue ha rilanciato l’idea di una nuova Bauhaus europea per accompagnare il Green New Deal. Dentro questa partita, l’Italia ha molto da dire, perché in tanti settori in cui siamo forti, a partire dall’agricoltura e dal mondo del vino, questo elemento è centrale. Nell’evoluzione di questi mondi, il rapporto con la sfida ambientale da un lato, e con la componente qualitativa ed estetica dei prodotti è formidabile: quando Obama dice che a cena con Michelle sceglie un vino italiano, chi sa distinguere la componente organolettica, e quindi la bontà di quel vino, dal richiamo simbolico che l’Italia esercita in tante produzioni? D’altro canto, chi sa distinguere il richiamo del made in Italy, dalla bontà dei nostri vini, dalla qualità del nostro paesaggio?”.
Tornando al report “Io sono cultura 2021”, il sistema produttivo culturale e creativo del Belpaese ha visto una riduzione del valore aggiunto pari al -8,1%, contro il -7,2% medio nazionale, e anche l’occupazione è scesa notevolmente, stante una variazione del -3,5% (-2,1% per l’intera economia italiana). In entrambi i casi, le attività core hanno sofferto maggiormente, con una contrazione che, rispettivamente, si è attestata al -9,3% e -4,8%. Nonostante il difficile anno trascorso, la filiera culturale e creativa si conferma, comunque, centrale all’interno delle specializzazioni produttive nazionali, grazie a 84,6 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto e poco meno di 1,5 milioni di persone occupate, valori che, rispettivamente, incidono per il 5,7% e 5,9% di quanto complessivamente espresso dall’intera economia italiana e una capacità moltiplicativa pari a 1,8 (per un euro prodotto se ne generano 1,8 nel resto dell’economia) che sale a 2,0 per il Patrimonio storico e artistico e a 2,2 per le industrie creative.
Tra i mantra del report, il coinvolgimento delle comunità che, con la loro resilienza, sono al centro anche del Padiglione Italiano della Biennale di Architettura di Venezia, mentre aree interne e borghi sono diventati tema di progetto e di attenzione per promuovere nuove forme di società ed economia, non solo per il turismo (con un viaggiatore che cerca di sentirsi sempre più dentro la comunità), ma anche come destinazioni per uno smart working immerso nella natura. Accade, infatti, che il piccolo è sempre più al centro delle trasformazioni territoriali a base culturale, come dimostrato dal progetto Procida Capitale Italiana della Cultura 2022, riconoscimento ottenuto per la prima volta da un borgo, non per il patrimonio culturale materiale, ma per quello vivente, identificato nella comunità che agisce e genera continuamente patrimonio culturale. Dai grandi centri ai piccoli borghi, il titolo di Capitale della Cultura italiana si conferma così un utile strumento per l’attivazione del capitale sociale delle comunità locali. La dimensione ridotta prevale anche nel mondo della musica dal vivo, in cui lo stallo che ha visto annullare o posticipare, prima al 2021 e poi al 2022, tutti i grandi festival e concerti, ha messo in evidenza il bisogno di ripartire dalle piccole realtà e dai piccoli eventi, come racconta la vivacità e la centralità, ad esempio, del Jazz & Wine, incontro tra vino e musica in uno dei territori d’eccellenza enoica del Belpaese, Montalcino ed il suo Brunello.
La crisi, inoltre, ha stimolato l’emergere di modelli innovativi di turismo culturale in cui offerta e domanda evolvono a favore di soluzioni più inclusive e sostenibili per i territori. In parallelo, la crisi sanitaria rinsalda con forza l’alleanza tra salute e cultura, mostrando la rilevanza degli strumenti culturali e delle riserve cognitive per la resilienza delle persone al trauma. Sul tema della sostenibilità ambientale, già prima della crisi pandemica e ancor di più nell’ottica di una ripresa post-Covid, sono sempre più numerosi gli operatori e le imprese culturali e creative che scelgono di attuare pratiche green all’interno dei propri ambiti di attività.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024