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AGROALIMENTARE

La difficile campagna del mais, tra guerre, cambiamenti climatici e impennata dei costi energetici 

Le prospettive del settore - che comprende un’ampia gamma di prodotti, incluso l’importante filone “gluten free” - secondo Ailma (Assitol)

La siccità e il caldo estremo, le tensioni internazionali, l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime: sono queste le principali variabili che il settore delle farine da mais e da leguminose dovrà fronteggiare nella campagna 2023-2024. Tuttavia, le aziende del comparto - le farine da mais e da leguminose sono alla base di un’ampia gamma di importanti prodotti alimentari: snack salati e dolci, prodotti da forno, prodotti per la prima colazione, birra, pasta, bevande vegetali e prodotti alternativi alla carne, anche nei filoni del “gluten free”, biologico e anallergico - sono pronte ad affrontare il complesso quadro economico attuale, garantendo ai consumatori prodotti sicuri e di alto livello nutrizionale. A fornire un quadro generale, oltre che a rassicurare in tal senso, è Ailma, l’Associazione Italiana Lavorazione Mais Alimentare, che, in Assitol, rappresenta le imprese produttrici di farine proteiche vegetali e senza glutine.
“Più che una campagna, quella che ci aspetta è una grande sfida - è il commento di Massimiliano Carraro, presidente Ailma - dai carburanti, ai fertilizzanti fino al packaging, tutto è aumentato. La nostra principale preoccupazione riguarda la tenuta della filiera, a cominciare dal segmento agricolo, penalizzato dai rincari energetici e dal cambiamento del clima in atto”.
Le prime stime, realizzate da Ailma, tracciano un quadro internazionale complicato, soprattutto in Europa. A pesare sulla campagna è il conflitto in Ucraina, che resta uno dei maggiori fornitori di mais per i Paesi dell’Unione Europea. La guerra ha provocato la crescita dei costi della logistica, e ha ridotto le aree destinate alla coltivazione. E’ atteso un decremento del 35% per le esportazioni da Kiev. Al mancato accordo sul grano tra Russia e Turchia, che ha creato ulteriore incertezza, si aggiungono il perdurare della crisi idrica ed i rincari energetici. Ciò spiega perché gli agricoltori europei hanno puntato su soia e grano duro: nel periodo 2023-2024 la superficie dedicata al mais calerà del 7% e la produzione sarà inferiore del 10% sugli ultimi 5 anni.
Anche l’Italia ha sofferto l’alternanza del caldo oltre la norma e di piogge alluvionali, che hanno influenzato in negativo sia le rese che le quantità. Sul lavoro di agricoltori e aziende di trasformazione incidono, in particolare, i costi generali di produzione ancora sostenuti. La carenza di piogge ha favorito colture alternative al mais, che necessita di molta acqua, tuttavia si prevede un incremento del 2% della produzione, grazie soprattutto al mais giallo italiano. In America, invece, le prime stime sono decisamente più ottimistiche. Gli Stati Uniti hanno incrementato le superfici a mais del 9%, il Brasile del 2%, l’Argentina del 4%. Nonostante gli effetti del meteo estremo, che hanno inciso sulle rese, negli States la produzione aumenterà del 10%. Il Brasile registrerà invece una contrazione del 4%, mentre l’Argentina vedrà crollare i suoi quantitativi di quasi il 60%, a causa delle scarse rese per la siccità. Tuttavia, il consistente livello degli stock e l’ottima produzione statunitense stanno rafforzando la tendenza al ribasso delle quotazioni, registrata nelle ultime settimane.
Il quadro internazionale che emerge è quindi molto articolato, ma è evidente che la situazione geopolitica, aggravata anche dal conflitto arabo-israeliano che si è riacceso in questi giorni, riveste un ruolo determinante sulla campagna, insieme al cambiamento climatico. “Per queste ragioni la disponibilità di materia prima risulterà insufficiente  - osserva il presidente Ailma - e l’import sarà necessario per rispondere al fabbisogno dell’industria. Le incognite sono tante, ma le nostre aziende sapranno offrire al consumatore farine sicure e di qualità”.

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