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ANALISI

La frutta è l’alimento più sprecato di un pianeta capace di produrre cibo per 12 miliardi di persone

Segré (Waste Watcher): “correlazione tra diminuzione dei consumi, impoverimento e inflazione alimentare e la diminuzione dello spreco”
ANDREA SEGRE, CIBO, FAME, OSSERVATORIO WASTE WATCHER, SPRECHI ALIMENTARI, Non Solo Vino
Gli sprechi alimentari in Italia e nel mondo

La frutta è l’alimento più sprecato del pianeta: a rilevarlo sono i dati dello studio “Cross Country Report” dell’“Osservatorio Waste Watcher International”, guidato in Italia dal professore Andrea Segré, che ha monitorato nove Paesi del mondo (Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Sudafrica, Brasile e Giappone), in vista della “Giornata internazionale di consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari” di domani e del “World Food Day”, in calendario il 16 ottobre. Secondo la ricerca, che gli italiani gettano individualmente 30,3 grammi di frutta alla settimana, segue l’insalata con una media di 26,4 grammi pro capite, e il pane fresco con 22,8 grammi.

Detto dell’Italia, uno degli aspetti più interessanti e rilevanti che emergono dal “Cross Country Report” sullo spreco domestico di Waste Watcher”, è “una correlazione tra diminuzione dei consumi, impoverimento e inflazione alimentare e la diminuzione dello spreco, ma non in maniera lineare”, come spiega a WineNews Andrea Segré, alla guida di Waste Watcher Italia. “In effetti, si evince che lo spreco aumenta perché si va verso un costo della caloria sempre più basso, deprimendo la qualità dell’alimento che deperisce prima, come la frutta e la verdura. Dobbiamo fare attenzione, perché apparentemente lo spreco diminuisce, in termini assoluti, ma guardando a cosa si spreca la fotografia diventa meno positiva”.

L’Italia è superata dagli Stati Uniti, con 39,3 grammi di frutta a testa, la Germania con 35,3 e il Regno Unito, che si attesta su uno spreco settimanale di 33,1 grammi a testa. Nella classifica degli alimenti più sprecati entrano anche latte e yogurt (38,1 grammi settimanali negli Stati Uniti, 27,1 in Germania), gli affettati e salumi (21,6 grammi in Francia, 14,2 grammi settimanali in Giappone), riso e cereali, che in Brasile si gettano per 27,2 grammi settimanali, e i cibi pronti, che i giapponesi sprecano in misura media di 11,5 grammi settimanali.

Waste Watcher ha calcolato che vale ben 4,02 miliardi euro lo spreco di energia nascosta nel cibo sprecato nel 2021 solo nelle nostre case. Un costo che porta a circa 11 miliardi euro complessivi il valore dello spreco alimentare domestico in Italia, sulla base di un costo dell’energia elettrica pari a 0,4151 euro/kWh. Lo stesso spreco alimentare domestico, nel periodo equivalente del 2020, determinava una perdita economica a livello energetico di 1,61 miliardi euro. Ridurre lo spreco alimentare, perciò, determinerebbe una diminuzione non solo dell’impronta energetica ma anche degli impatti ambientali.

Il tema principale, quando si parla di sprechi alimentari, resta però quello della fame e della malnutrizione, che riguarda tutto il mondo, non solo le aree economicamente più povere e depresse. Un fenomeno che, dopo anni di calo e di politiche di sostegno, è tornato a crescere nel momento in cui le difficoltà dell’economia globale - tra pandemia, guerra in Ucraina ed inflazione - sono tornate ad acuirsi. “Nel mondo produciamo cibo a sufficienza per tutti, ma ci sono 800 milioni di persone, di cui una parte anche in Italia, che non hanno accesso al cibo, mentre la stragrande maggioranza della popolazione consuma cibo in eccesso, mangiando troppo e male”, ricorda ancora Andrea Segré. “I più poveri, inoltre, cercano il più basso costo possibile della calorie, specie in un momento di impoverimento globale come quello che stiamo vivendo. Andare verso diete sane e sostenibili, ridare valore al cibo, sostenendo chi vive in povertà, o alle soglie della povertà alimentare, diventa fondamentale per superare questo periodo, ma per farlo il sistema alimentare globale va rivisto. È assurdo che si riesca a produrre cibo per 12 miliardi di abitanti senza riuscire a nutrire, o nutrendo male, una parte così rilevante della popolazione: tra affamati ed iper-nutriti arriviamo a più di 2 miliardi di persone”.

E se l’andamento economico è frutto di una contingenza di fattori, destinati prima o poi ad essere superati, la crisi climatica è un qualcosa di sistemico, con cui dover fare necessariamente i conti. “Sullo sfondo, abbiamo comunque un’intensificazione del global warming, un fenomeno non di oggi, a cui adattarci nel breve, medio e lungo periodo”, chiosa Andrea Segré. “Le colture, come le persone, si spostano, e sarà questa la grande sfida: pandemia e guerre passano e finiscono, ma il cambiamenti climatico andrà avanti”.

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