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La “Geografia del gusto” di Massimo Montanari è un prezioso viaggio tra la terra e la cucina

La bellezza dei paesaggi del cibo e del vino italiano nell’ultimo volume firmato da uno dei massimi storici dell’alimentazione al mondo

Non si può capire un paesaggio senza decifrare la sua storia, così come non può esserci un territorio che non sia legato ad un sapore. Geografia, gusto, storia e cultura con protagonista anche la mano dell’uomo “perché un paesaggio non si guarda, si fa”. Parola di Massimo Montanari, tra i massimi storici dell’alimentazione al mondo, professore emerito dell’Università di Bologna, dove ha fondato e dirige il Master in Storia e cultura dell’alimentazione, presidente del Comitato Scientifico della candidatura della cucina italiana all’Unesco, e autore del volume “Geografia del gusto - Un viaggio in Italia tra i paesaggi del cibo”, il secondo della collana Agorà del Touring Club Italiano.
La bellezza dei paesaggi del cibo italiano è al centro dell’ultima fatica editoriale del professor Montanari (Touring Editore, aprile 2025, pp. 96, prezzo di copertina 16 euro), che spiega come “nella storia italiana il cibo ha un legame profondo e antico con il territorio
. Anche se le cose oggi sono in parte cambiate con l’industrializzazione del settore alimentare, è indubbio che ciò che mangiamo è una scelta, frutto dell’interazione tra un ambiente dato dalle condizioni fisiche e la volontà di chi lo abita di creare cibo trasformandolo”.
Territori iconici che interessano anche il mondo del vino, talmente unici da meritare il riconoscimento Unesco: dai Paesaggi vitivinicoli del Piemonte, Langhe-Roero e Monferrato, alle Colline del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, dalla vite ad Alberello di Pantelleria ai muretti a secco di Valtellina, Valpolicella e non solo. L’Italia fa giustamente del paesaggio un proprio vanto anche perché questo va a braccetto con l’immensa varietà della cucina italiana. “Che non è affatto la somma delle cucine locali - dice ancora Montanari - ma una moltiplicazione. Il frutto di una ibridazione continua tra le tante cucine di luoghi diversi, tutte sempre con radici popolari che negli anni si sono incontrate, confrontate e mescolate perché questo è un tratto tipico di quella cosa che chiamiamo cultura: la sua capacità di andare oltre i confini politici, di scivolare come l’acqua da un luogo a un altro”.
Cucina che, però, si lega fortemente anche agli ambienti urbani. “Le città storicamente sono state il luogo del mercato. Il luogo dove sono state messe in circolazione le culture territoriali, perché è in città che risiedeva il potere economico, e dove avveniva lo scambio dei prodotti con le altre città. Scambio che, almeno a livello delle elites è sempre stato molto intenso, perché le persone che frequentavano le corti viaggiavano, si muovevano, entravano in contatto con gusti, prodotti e preparazioni altre. Non per nulla le ricette hanno sempre una declinazione urbana, tagliatelle alla bolognese, cotoletta alla milanese: se quei piatti non avessero oltrepassato i confini cittadini non ci sarebbe stato motivo di conferirgli una definizione geografica precisa”, aggiunge Montanari che invita a scoprire come la relazione tra terra e cibo, geografia e cucina, sia un racconto che parla di identità, cura, relazione, innovazione, in un fitto intreccio che dà forma al territorio che abitiamo e significato ai sapori che amiamo.

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