Addio alle grandi differenze di qualità tra un’annata ed un’altra? Forse. È quello che, pare, vorrebbero fare in quel di Montalcino, terra natale del Brunello. Come? Ricorrendo alla matematica, con un modello previsionale basato su funzioni che mettano in relazione i dati sulle fasi fenologiche della vite (momento e durata di germogliamento, fioritura, invaiatura, maturazione e così via) e sulle condizioni climatiche, per indicare ogni anno, e in ogni zona, il momento di vendemmia che esprima il massimo potenziale delle uve, ed evitare così vendemmie da una stella (il rating che viene assegnato ogni anno al Brunello dopo la degustazione di una apposita commissione) come nel 1984, o da 2, come nel 2002, ma oscillare sempre su livelli di eccellenza, tra 4 e 5 stelle, come dal 2003 ad oggi. Anche perché il valore di un vino come il Brunello è dovuto anche alla sua capacità di invecchiamento, condizione per la quale è necessario vendemmiare nel momento ottimale. Una caratteristica che deve essere sempre di più nelle mani di chi produce, e non del caso. Seguendo questo modello, già applicato in qualche territorio e che alcuni esperti starebbero studiando anche per Montalcino, si potrebbe, dunque, avere sempre la migliore vendemmia possibile. E, di conseguenza, la commissione che degusta il vino prima di assegnare il rating all’annata, potrebbe avere più campioni di alta qualità e assegnare così una valutazione più alta, con ricadute positive per tutti: per chi produce, per chi vende e per chi compra. E anche per chi brinda con il Brunello di Montalcino.
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