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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Salone del Vino: calici sempre più in alto. La produzione di qualità non conosce crisi
Prezzi calanti per i vini da tavola, prezzi crescenti per quelli Doc o Docg. La Nielsen che certifica la propensione dei consumatori agli acquisti di qualità. L'export dei vini Doc che nei primi sei mesi del 2001 ha quasi raddoppiato in valore i vini da tavola. La bilancia commerciale di settore che a fine anno potrebbe superare un record storico: i 5mila miliardi di attivo (contro i 4320 del 2000). Per il debutto del primo Salone del vino di Torino e dell'Osservatorio fortemente voluto dal presidente Alfredo Cazzola per monitorare tendenze e consumi e «offrire una bussola alle imprese», non ci poteva essere un momento migliore. Il vino italiano di qualità 'tira' in tutto il mondo e lotta gomito a gomito coi francesi sui principali mercati. Anche la crisi seguita ai fatti dell'11 settembre non sembra aver lasciato tracce (al momento) nei bilanci delle imprese più vocate all'export. La degustazione in anteprima del Brunello '97 fatta nei giorni scorsi a New York è stata un successo: «Temevamo un mercato in ritirata - dice Stefano Campatelli, direttore del Consorzio del Brunello - invece abbiamo visto confermati tutti gli ordini, e anche qualcosa in più». Il vino è sempre più un 'bene liquido' e il matrimonio con la finanza (e la Borsa) sarebbe alle porte. E' in cantiere un progetto di Borsa spa - annuncia Raffaele Jerusalmi (responsabile Derivati di Piazza Affari) - che attraverso il lancio di futures, fondi chiusi, quotazioni dirette delle aziende vinicole, approdi alla creazione di un listino apposito, sul tipo del Numtel. Ed Ezio Rivella, presidente dell'Unione italiana vini, che da n.1 della Banfi fu il primo a lanciare futures sul Brunello, conferma: «Per le aziende vitivinicole avere una risorsa finanziaria aggiuntiva è indispensabile, purché non si stravolga il mercato. Perché il vino va bevuto e non deve rimanere nei caveau delle banche». A Torino è stato consacrato un altro connubio, quello tra vino, moda e turismo. A un convegno di Confagricoltura Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, ha parlato del turismo enogastronomico «che sta crescendo a ritmi esponenziali». Mentre la stilista Chiara Boni e Lapo Mazzei, nome storico del Chianti, hanno concordato nel definire vino, moda e turismo «la sintesi dello stile italiano nel mondo». Tra gli stand debuttava una griffe della pelletteria come Antonio Moretti (marchi Arfango e Car Shoe) coi suoi due supertuscan Crognolo e Oreno prodotti nella Tenuta Sette Ponti nell'Aretino: «La scelta di un salone riservato solo agli operatori - dice Moretti - mi sembra vincente». Tra cantine emergenti e grandi firme, il Salone torinese ha decretato il ritorno ai vini autoctoni, di casa nostra, contro l'omologazione sui vigneti internazionali. «Gli anglosassoni hanno imitato i vini francesi, noi dobbiamo restare fedeli a noi stessi», sentenzia Lapo Mazzei. Quindi largo ai vitigni come Nebbiolo, Sangiovese, Barbera, Sagrantino, Aglianico, Nero d'Avola. Vini anche rari e misteriosi come il 'pallagrello' del Matese (che piaceva ai Borboni) riscoperto dall'azienda casertana Vestini Campagnano, o come il bolognese Pignoletto (proposto in versione ferma dalla cantina Montevecchio, bianco fresco e profumato non di grande lignaggio ma che ha dalla sua uno straordinario rapporto qualità-prezzo: esce di cantina a meno di 10.000 lire la bottiglia.

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