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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Vino, grandi nomi a rischio ... La cittadella agroalimentare italiana è sempre più cinta d'assedio. Prendiamo il vino, il nostro prodotto oggi forse di maggior successo sui mercati internazionali. I problemi arrivano da Bruxelles. Prima una timida apertura alle viti transgeniche, poi la proposta di una tassa sui consumi di vino, adesso il taglio delle liste delle menzioni tradizionali, cioè dei termini "protetti" da riportare sulle etichette, che servono a evitare che certi nomi, da sempre nostri, vengano "vampirizzati" da altri Paesi. In sostanza un argine contro l'agropirateria, che già insidia i nostri formaggi o i nostri insaccati più famosi, che l'Europa deve tenere ben saldo in vista della trattativa sul commercio internazionale.

Il caso del Brunello
Invece l'argine che doveva difendere le menzioni tradizionali dei nostri vini si è subito sgretolato. L'Italia, come tutti gli altri Paesi, ha diviso le sue menzioni da tutelare in due liste: A e B. Le prime sono quelle meno tutelate e possono essere accordate anche a Paesi terzi che ne facciano richiesta. Invece quelle in lista B godono di una forte tutela e possono essere utilizzate in esclusiva da un solo Paese. L'Italia ha presentato alla Commissione una lista ben nutrita: 55 menzioni in lista B e 22 nella A. Tra le menzioni da tutelare vini tradizionali e famosi come il Morellino (non il "Morellino di Scansano" che è una doc e quindi già protetto), lo Sciacchetrà, il Torcolato, il Recioto. Il guaio è che con scelta arbitraria la Commissione ha tagliato drasticamente le liste, riducendo la B a soli 15 nomi, con declassamenti e cancellazioni. Addirittura era stato cancellato il nome "Brunello" dalla lista B, poi reintrodotto in seguito a minacce di sollevazione. «Si poteva rischiare - dice Ezio Rivella, uno dei "padri" del Brunello, presidente dell'Unione Italiana Vini, la "Confindustria" di settore - di ritrovarsi un Brunello prodotto legittimamente in Spagna o Grecia. La burocrazia comunitaria segue circuiti perversi, per cui magari partendo da buone intenzioni si fanno danni enormi». «Siamo in continuo contatto con le autorità comunitarie per cercare di completare la lista delle menzioni dei vini rivendicate dall'Italia», ha detto il ministro Alemanno.

Il danno e la beffa
Ma da Bruxelles arrivano il danno e la beffa: le liste degli altri Paesi sono state quasi integralmente accolte. Davide Gaeta, consigliere delegato dell'Unione Italiana Vini, sbotta: «Quello che sta succedendo a Bruxelles è gravissimo. Come può un commissario irlandese decidere in merito al nostro patrimonio vitivinicolo tradizionale? E poi perché penalizzare solo noi? La posizione del ministero deve essere di netta opposizione». La prossima settimana è previsto il voto sul regolamento per l'etichettatura e si prevede un braccio di ferro tra Italia e Francia (anch'essa "tagliata") e il resto dei partner. La Cia-Confederazione Italiana Agricoltori non comprende il criterio che anima gli uffici comunitari nella revisione di una norma che ha valorizzato i prodotti di qualità. «La revisione del regolamento Ue rischia di penalizzare per l'ennesima volta le produzioni italiane». Anche Confagricoltura condivide le critiche, però ricorda che il taglio delle liste è una sorta di "male minore", rispetto a un rischio ancora più grave: «Che fosse consentita, per i vini da tavola, l'indicazione del nome del vitigno e dell'annata di produzione. Tutto ciò avrebbe generato grande confusione tra i consumatori, a vantaggio, ovviamente, dei paesi terzi nuovi produttori».

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