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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

La rivoluzione creativa dalle Doc alle Igt ... Quarant’anni fa, nel maggio del 1966, sulla Gazzetta Ufficiale veniva pubblicato il testo che regolamentava la prima Denominazione di origine controllata italiana (Doc), la Vernaccia di San Gimignano. Una vera rivoluzione a cui seguì, nel luglio del 1980, con decreto del presidente della Repubblica, l’istituzione delle prime Denominazioni di origine controllata e garantita (Docg): Brunello di Montalcino, Barolo e Vino Nobile di Montepulciano, seguiti poi da Barbaresco, Chianti Classico e Albana di Romagna. A quattro decenni di distanza dalla creazione delle Doc, stiamo assistendo a una nuova rivoluzione, quella dei cosiddetti “vini creativi”, che nel gusto dei consumatori stanno prendendo il posto di blasonate Doc. Il motivo risiede nel fatto che numerosi produttori italiani cominciano a ritenere che le Denominazioni di origine controllata non siano così perfette come si credeva. Hanno regole troppo strette e non consentono di seguire un mercato in continua evoluzione. Questo perché la globalizzazione ha cambiato tutte le regole del gioco, con i vini stranieri che sottraggono a quelli italiani spazi sempre più grandi.
La tendenza è quindi una vera e propria trasmigrazione dalle Doc alle Igt (Indicazione geografica tipica), che hanno disciplinari di produzione più flessibili, lasciando spazio alla creatività dei viticoltori. Un quarto del vino prodotto in Italia appartiene alle Igt, che sposano vitigni autoctoni con vitigni internazionali o interamente internazionali (cabernet, chardonnay, merlot). Tutto questo consente al Bel Paese di lanciare la sfida ai viticoltori del Nuovo Mondo (California, Sud Africa, Cile e Australia, ad esempio). Nascono, così, vini come la Sengia Rossa di Aldegheri, in Veneto, blend di vitigni autoctoni e Merlot, il Gravello di Librandi, in Calabria, con Gaglioppo e Cabernet Sauvignon, oppure come il Tignanello Toscana di Antinori, prodotto da Sangiovese maritato con Cabernet.

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