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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

C’è una talpa per il Brunello. “E’ la vendetta dei puristi” … Il Consorzio si difende: “Ne usciremo bene, il tessuto è sano”… Il nome che fa più impressione è quello di Franco Biondi Santi, erede della dinastia che ha inventato il Brunello, e per decenni anima del formidabile motore che ha portato Montalcino, piccolo comune del Senese, ai vertici dell’enologia mondiale. Già: anche nei suoi confronti sarebbero state riscontrate “non conformità “ nei vigneti. Ma la rivelazione fa sorridere: si tratterebbe di quaranta viti di canaiolo disposte in una vigna a forma di B, in omaggio al nome della moglie Boba. Si sa che quattro aziende hanno ricevuto il “consiglio di non vendere vino prodotto nel 2003”. Si sa, ammette il presidente del Consorzio di tutela, Francesco Marone Cinzano, anch’egli nel mirino per la Col d’Orcia, terzo produttore di Brunello per bottiglie vendute, che le aziende ispezionate dalle Fiamme gialle per conto della procura sono tredici, forse quattordici. Si sa però che in realtà sono più di novanta le fattorie risultate “non conformi “ secondo i rigidi dispositivi del disciplinare di produzione: in questo caso, però, si tratterebbe dei controlli eseguiti direttamente dal Consorzio, e solo a partire dal 2004. Le aziende passate ai raggi x sarebbero 160 sulle 240 di Montalcino, e qualche produttore sibila tra i denti che “mi hanno trovato irregolare appena lo 0,2% delle viti “, assai meno di quell’uno per cento che perfino i vivai non garantiscono quando forniscono le barbatelle per l’impianto del vigneto.

La scintilla che ha innescato la miccia, però, resta tutta da chiarire. Si parla di fantomatiche “ricette” trovate su un blocco di appunti, ma poi forse finite in un libro, e addirittura in un blog sul web, per creare un Brunello meno “rustico” e più internazionale, che al sangiovese (come accaduto negli anni per esempio al Chianti Classico) potesse coniugare vitigni di gusto internazionale come il merlot e il cabernet, per dare al vino quella dolcezza che è qualità preferita sui mercati globali. Ricette che avrebbero spinto un produttore fondamentalista a fare da talpa e denunciare il tentativo di frode. Ma nessuno conferma, neppure gli inquirenti ammettono che il terremoto sia legato alla scoperta di un Brunello “allungato”. Le “non conformità”, insomma, non sarebbero tanto nel vino quanto nelle vigne.

Da qui a parlare di sofisticazione, di vino adulterato, il passo è lungo. “Ne usciremo bene, perché a Montalcino il tessuto è sano, fatto di produttori che lavorano bene “, ammette il presidente Marone Cinzano. Sull’indiscrezione del socio “purista”, dice: “Ne ho sentito parlare, e la cosa mi ha scioccato. Se fosse vero, non so che cosa passa per quella testa”. E infine annuncia “un nuovo regolamento sui controlli”.

Non si tocca, invece, il disciplinare: il Brunello resta un sangiovese in purezza, “è unico al mondo e ha caratteristiche che non bisogna perdere - dice il presidente -, e non si può pensare neppure di aumentare la resa per ettaro, visto che proprio i soci l’hanno abbassata di recente”. La reazione al polverone non si farà attendere. I produttori presenti a Vinitaly sono convocati dal Consorzio stamattina alle otto e mezza nello stand: ne uscirà forse una linea comune di risposta, che metta a tacere anche i sospetti di gravi contrasti, di spaccature che lacerano Montalcino. Di fatto, qualcuno la sua accusa l’ha già sparata, chiedendosi “perché il Consorzio non si è mosso subito, con querele pesanti e richieste di risarcimento a sei zeri”. Già: per Montalcino il rischio è grosso. C’è un bello stock di Brunello blindato dalle indagini, una parte verrà forse “declassato “, una parte si riverserà creando pericolosi surplus; c’è gente che rischia il posto, c’è un’economia, fin qui florida, messa in crisi di punto in bianco. Anche se fra i corridoi di Vinitaly il segnale non si avverte: la gente si ferma, assaggia, fa affari. Come se niente fosse.

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