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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

I “matti” del Pinot Nero. Nasce sull’Appennino la nuova sfida del vino ... Nove aziende e un sogno: creare lavoro nelle valli ... C’è l’ex architetto di grido, uno dei più famosi del Mugello: ha scoperto la vigna, e ha già beccato qualche bel premio. C’è la coppia di genovesi che s’è innamorata, “un vero colpo di fulmine”, di un rudere e di un campo in una delle terre più disagiate della Toscana e forse anche di più, la Lunigiana. C’è il pronipote dell’oste del Pascoli in Lucchesia, oste anche lui e poi vigneron: e i filari con l’uva sono gradini su un dirupo, e là sotto scorre il Serchio. C’è l’ex artigiano orafo fiorentino e anche quello - non per nulla l’hanno eletto presidente - che ha ricomprato da un contadino la vigna dove gli antenati facevano i mezzadri, a un tiro di schioppo dal Santuario della Verna. Appennino, Borgogna nostrana. La nouvelle vague del Vigneto Toscana non passa per il Sangiovese del Chianti e del Brunello, o per i Cabernet e Merlot di Bolgheri: ecco i “matti del Pinot Nero”. Nove piccoli produttori da quattro vallate tra le montagne: Lunigiana, Garfagnana, Mugello, Casentino. Alle prese con una doppia sfida di grande fascino: terre difficili e a lungo ritenute “non vocate” per un’uva che ha grande charme - il Pinot Noir ha fatto la fortuna della Borgogna - con i suoi profumi e i suoi sapori, ma che è “una bestia dura da domare”. Nove produttori che a regime, fra due-tre anni, faranno 70-80mila bottiglie tutti insieme, e che vendono a prezzi ragionevoli, più o meno 13-15 euro alla cantina con qualche punta, i superpremiati del Podere Fortuna di San Piero a Sieve che nascono respirando l’aria di casa medici, davanti al Castello di Cafaggiolo, e passano in qualche caso anche i 40. La sfida dei “matti”, che è anche una scommessa giocata tutta sulla propria pelle con la crisi economica, è cominciata l’anno passato. Più o meno per caso, contatti fortuiti. Ieri, a Borgo San Lorenzo (il Mugello è la forza numerica del gruppo, con quattro aziende), nelle sale di Villa Pecori Giraldi tra le vetrate liberty di Galileo Chini, guidati da un giornalista del calibro di Burton Anderson, i Vignaioli di Pinot Nero dell’Appennino Toscano hanno presentato a un parterre di ristoratori e giornalisti l’annata 2009. E si sono raccontati. Per spiegare, certo, le questioni tecniche sulla macerazione, la fermentazione, la vinificazione, l’affinamento, e prima ancora le difficoltà talvolta estreme della stessa vendemmia, il più delle volte tutta a mano su terreni scoscesi. Ma anche per dare l’idea di questa sfida. A delineare il “sogno” è Vincenzo Tommasi, 48 anni, casentinese, moglie e due figli nell’azienda dove nacque il bisnonno: “Il sogno - dice - è creare un nuovo mestiere ripreso dalle tradizioni in queste valli, e con questo mestiere campare serenamente le famiglie”. Sotto la bandiera del biodinamico, perché “noi la terra la rispettiamo”.


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