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La Nazione

Le grandi firme del vino vogliono la Doc per la Toscana ... Le grandi firme del vino si mettono alla testa della battaglia per la Doc toscana. Ambrogio Folonari, Piero Antinori e Vittorio Frescobaldi hanno spiegato perchè ... insieme ai loro alleati nell'Ente tutela dei vini. E cioè la Coldiretti rappresentata da Andrea Prunetti, la Cia con Roberto Scaracci e e le Cantine sociali dei Colli Fiorentini con Ritano Baragli. Rappresentano, secondo loro stime, 5.700 viticoltori sui 7.400 della Toscana, il 63% della produzione. Numeri ovviamente che pesano, anche se, per chiedere all'apposito comitato del Ministero delle Politiche Agricole la Denominazione di origine , è sufficiente una quota del 20% della produzione della zona. I numeri pesano perchè sulla questione della Doc al vino di quasi tutta la Toscana (solo zone marginali di montagna e di pianura ne sarebbero escluse) è scoppiata una guerra da Guelfi e Ghibellini. Lo scontro andò in scena, durissimo, poco più di un mese fa alla Camera di commercio di Firenze, dove si tenne una audizione del ministero sulla richiesta della Doc toscana. Il «partito del no» era guidato dai Consorzi del Chianti e del Chianti classico. L'argomento avverso alla Doc toscana è che questo riconoscimento a tutti i vini della regione inflazionerebbe il mercato dell'alta qualità con la conseguente discesa dei prezzi. Sembrò dunque un conflitto tra «nobili e borghesi», tra vini che difendevano il blasone e vini industriali che aspiravano a coronarsene. Le cose invece non stanno così: lo dimostra proprio l'alleanza dei grandi nomi del vino toscano con la maggioranza dei viticoltori venuta alla ribalta ieri. «La verità - è stato detto ieri - è che chi si oppone alla Doc toscana teme la concorrenza. E che il confronto è tra innovatori e conservatori: tra chi, come noi, crede che bisogna prepararsi a tempi non così fortunati come quelli odierni e chi, e cioè gli avversari della Doc toscana, è convinto che occorre lasciare tutto com'è, per non rischiare di rompere il giocattolo che sta funzionado splendidamente». A frenare sulla Doc toscana tuttavia ci sono anche parte delle 39 Doc già assegnate a zone circoscritte della regione. Temono di essere cancellate. L'alleanza della Doc toscana risponde che esse potranno scegliere sull'etichetta tra l'uno o l'altra certificazione. E che la Toscana, all'estero, è famosa ed è sinonimo di qualità, un vantaggio rispetto al nome di un piccolo centro. In ogni caso c'è la soluzione di indicare entrambe le denominazioni, come fa il Bordeaux, faro guida per il partito della Doc toscana. Ma l'argomento principe a favore di una Doc Toscana è dare a vini prestigiosi, anche se recenti, un marchio di qualità. Il che non porterebbe a inflazionare il mercato della qualità. I vini toscani hanno già tutti la Igp, l' Indicazione geografica protetta, spesso con prezzi maggiori di quelli delle Doc. Quindi nessun aumento della quantità ma una semplice e doverosa promozione a un gradino più alto di qualità conquistato sul campo. Ma qual è la differenza tra le due certificazioni? La Doc impone norme più restrittive su qualità e quantità. Lo spartiacque, comunque, è che la Igp consente di tagliare (di aggiungere) al vino della zona un 15% di prodotto estraneo alla zona indicata. Dunque la Doc assicura maggiore tipicità. E un valore aggiunto, ben maggiore di quello commerciale: la valorizzazione del patrimonio, l'aumento del prezzo dei terreni grazie all'immagine creata dalla Doc. Il comitato delle Doc del ministero ha in calendario a novembre la discussione sulla domanda toscana. Il responso sarà favorevole? Probabilmente il comitato chiederà altro tempo. Ma dovrà tenere conto anche della benedizione venuta dall'assessore regionale all'Agricoltura, Tito Barbini. Il quale ricorda di aver «manifestato nelle sedi competenti il parere favorevole della regione alla Doc, una opportunità in più per l'agricoltura toscana».

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